Considerato come l'evento mondiale per eccellenza dedicato alla fotografia free-lance, il World Press Photo 2020 porta in finale il fotografo catanese Alessio Mamo, secondo classificato nell'edizione 2018.
Tiene in braccio suo figlio. Gli accarezza una guancia nascondendo tutta la preoccupazione di una madre che fa la fila per andare verso la clinica del campo profughi di Al-Hol, nel nord est della Siria. La foto di una donna russa e del suo piccoletto dagli occhi stanchi è lo scatto che fa vincere ad Alessio Mamo, fotoreporter siciliano, un posto tra le più belle foto del mondo col World Press Photo, il più importante concorso di fotogiornalismo al mondo.
Dopo il secondo posto del 2018 con uno scatto che ritraeva la piccola Manal, una bambina di 11 anni sfigurata in viso a seguito di un’esplosione in Iraq e costretta a portare una maschera in attesa di un intervento di chirurgia plastica, è in Siria che il giovane catanese cattura con il suo obiettivo la storia che gli vale una nomination tra le foto singole, categoria General News, della 63esima edizione del premio nato Amsterdam nel 1955 e che, dopo che saranno annunciati i vincitori il prossimo 16 aprile, girerà il mondo con una mostra ad hoc, che ha già fatto tappa a Palermo per tre anni grazie all’impegno di Cime, il cui presidente è Vito Cramarossa.
La foto fa parte di un reportage realizzato da Alessio Mamo insieme alla giornalista Marta Bellingreri che racconta le storie di migliaia di rifugiati, molti dei quali donne e bambini di sospetti combattenti dell’Isis sfollati nel nord della Siria. “Per la seconda volta in tre anni ho l’onore di essere tra i vincitori del World Press Photo – spiega Alessio Mamo -. Ciò è un onore e in qualche modo compensa la grande fatica che si fa al giorno d’oggi ad essere un fotoreporter indipendente. ‘Russian Mother and her Child at Al-Hol Camp’ è una storia molto diversa da quella di Manal, ma allo stesso tempo vicina. Queste due foto sono legate da un filo comune che è la sofferenza del post Isis in Iraq e in Siria, soprattutto per le donne e per i bambini”.
Per la 63esima edizione del World Press Photo sono stati presentati tutti i finalisti e non direttamente i vincitori (come accadeva fino a qualche anno fa), che saranno invece annunciati il prossimo 16 aprile in un’apposita cerimonia ad Amsterdam. Per selezionare i vincitori, i giudici hanno esaminato 73996 fotografie di 4283 fotografi da 125 paesi diversi. I sei candidati al World Press Photo of The Year sono: Mulugeta Ayene di Associated Press (AP) con la foto di una donna che si butta in faccia un mucchio di terra raccolta dal luogo dove è precipitato il boeing dell’Ethiopian Airlines – dove ha perso la vita l’assessore della Regione Siciliana Sebastiano Tusa -; Farouk Batiche di Deutsche Presse-Agentur con una foto degli scontri in Algeria tra manifestanti e polizia; Yasuyoshi Chiba di Agence France-Presse con un momento delle manifestazioni in Sudan per chiedere un governo civile e non militare; Tomasz Kaczor per il quotidiano polacco Gazeta Wyborcza con la foto di una ragazza da poco risvegliata dallo stato catatonico causato dalla sindrome da rassegnazione; Ivor Prickett del New York Times con la foto di un combattente curdo che riceve una visita della fidanzata in un ospedale da campo; e Nikita Teryoshin con la foto di una fiera di armi negli Emirati Arabi Uniti.
I finalisti per il World Press Photo Story of the Year sono invece: Nicolas Asfouri dell’agenzia AFP per il suo lavoro sulle proteste di Hong Kong; di nuovo Mulugeta Ayene di AP per un lavoro più ampio sui parenti delle vittime a bordo del Boeing precipitato in Etiopia; e il francese Romain Laurendeau per un lungo reportage sui giovani algerini e sulla loro importanza nell’ispirare le rivolte dello scorso anno.
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