Dal quartiere ferito dallo sventramento degli anni '50 sboccia il progetto "Sottosopra: Abitare Collaborativo", che offrirà alloggio e opportunità di riscatto a cittadini che vivono in situazioni di disagio abitativo.
Non sarebbe corretto parlare di rinascita per San Berillo. San Berillo è già un quartiere vivo e animato, in cui a ogni angolo ci si può imbattere in un’opera di street art o nella facciata di un edificio antico. Qui gli abitanti, dai catanesi ai migranti di prima e seconda generazione, condividono gioie e dolori, delusioni e speranze per il futuro. A essere vuoti e morti, invece, spesso sono gli edifici, abbandonati dopo che lo sventramento degli anni ’50 ha distrutto la vita del quartiere, trasformando le case in rifugio per i tanti che a Catania vivono in situazioni di disagio abitativo. Una situazione che tra i calcinacci e le travi del cantiere di Palazzo De Gaetani sta cambiando in fretta grazie a “Sottosopra: Abitare Collaborativo”, progetto realizzato da un partenariato costituito da Oxfam Italia, Trame di quartiere, Diaconia Valdese, Sunia Catania, Impact Hub Siracusa e il comune di Catania, con il sostegno di Fondazione con il Sud.
“Siamo qui da sette anni, ma bastano due-tre giorni per rendersi conto di quali esigenze insistono oggi a San Berillo: ci sono tante persone per strada e tante case abbandonate“. Da questa dichiarazione di Roberto Ferlito di Trame di quartiere si può partire per sintetizzare l’idea di partenza del progetto “Sottosopra”: lottare contro la povertà abitativa dando nuova vita e un nuovo corpo a uno storico palazzo ottocentesco. Al primo piano del De Gaetani, a partire da maggio nove persone troveranno una sistemazione dignitosa, ma temporanea. L’altra grande sfida di “Sottosopra”, infatti, è quella di aiutare i nuovi abitanti del quartiere a trovare un’abitazione definitiva.
A spiegare il come e a illustrare le varie fasi dell’”Abitare Collaborativo” ci hanno pensato i diversi membri del partenariato, che hanno presentato nella giornata di ieri il progetto. Il recupero partirà dalla ristrutturazione del primo piano del palazzo, dove verrà creato un centro accoglienza per gli abitanti con disagi abitativi, che verranno inseriti in un percorso di recupero affiancati da un team di assistenti sociali, psicologo ed educatore. Qui nascerà anche la foresteria, un ambiente in comune, “che può rientrare nell’ottica del turismo sostenibile, essere gestito e diventare occasione di lavoro per i beneficiari”, commenta l’ingegnere Carla Barbanti, che assieme a Enrico Cavalli si occupa della ristrutturazione.
Affacciata su via delle Finanze, al piano terra aprirà invece la Caffetteria Sociale. “Un presidio di resistenza per soggetti svantaggiati nel lavoro”, così la definisce ancora Ferlito. La caffetteria diventerà col tempo uno spazio aggregativo che aprirà ulteriormente il palazzo a San Berillo e viceversa, oltre ad essere un’ulteriore opportunità lavorativa per chi verrà ospitato.
Nel corso dei tre anni del progetto, da maggio 2020 a maggio 2022, il budget a disposizione è di 687mila euro, di cui l’80% viene coperto da Fondazione con il Sud. “Le risorse ci sono, vanno programmate e fatte le spese”, dichiara al riguardo Salvatore Maio, coordinatore del progetto Oxfam.
“Sottosopra” è un percorso che supera le logiche assistenzialistiche, tenendo conto della dignità della persona. Per questo, nella selezione dei nuovi abitanti, oltre ai criteri oggettivi che terranno conto dei dati reddituali, ce ne saranno altri, “che valuteranno la volontà da parte del beneficiario di mettersi in gioco in questa scommessa, perché si chiederà ovviamente un impegno nel seguire tutto il percorso di inserimento sociale da parte del beneficiario”, come dichiara ai microfoni di LiveUnict Andrea D’Urso, responsabile comunicazione di Oxfam.
Dopo una prima fase di inserimento e integrazione nella nuova casa, gli ospiti entreranno nel vivo del quartiere e della vita comune attraverso i laboratori di “Abitare Attivo”. “I laboratori prevedono la riqualificazione di spazi comuni e di alcuni spazi pubblici del quartiere – aggiunge ancora D’Urso – e poi gli abitanti saranno supportati da una figura che li orienterà ai servizi. Sono previste delle borse lavoro, così come è previsto tutto un processo di mediazione immobiliare finalizzato alla ricerca di alloggi stabili”.
In questo caso, sarà il comune di Catania a fare la sua parte. “L’agenzia comunale per la casa studierà soluzioni su misura per ogni caso specifico – dichiara l’assessore comunale ai servizi sociali Giuseppe Lombardo –, e perciò avvierà processi di mediazione abitativa davvero efficaci rispetto alla domanda ricevuta”.
Catania, infatti, è in forte emergenza abitativa. Le case vuote non fanno rumore come le persone in strada, ma nel capoluogo etneo si è passati dai 39 sfratti del 2015 ai 746 del 2017, il 90% dei quali è avvenuto per morosità incolpevole, dovuta a perdita del lavoro o a riduzione del reddito familiare. Il comune, già in dissesto, non può fare abbastanza: la spesa pro capite per i soggetti a rischio sociale è di 21,85 €, a fronte di una media regionale già di per sé inadeguata di 48 €.
“Siamo qua perché la spesa pubblica non riesce a far capo ai problemi e crea una forbice sempre più ampia – dichiara al riguardo Rosario Sapienza, di Impact Hub Siracusa –. In questa forbice si può inserire lo spazio per un partenariato pubblico-privato che crei azioni al di fuori della zona comfort”.
È in questo spazio vuoto del pubblico che si inseriscono i tanti partner di “Sottosopra”, che capovolgendo gli schemi stanno creando un esempio per Catania e la Sicilia. “Bisogna superare le difficoltà e gli egoismi e affittare a chi ne ha bisogno, aprendo menti e cuori rispetto al problema”, aggiunge Giusi Milazzo di Sunia Catania, una realtà che lavora da anni sulla formula di housing sociale e che in questa prima sperimentazione avrà un ruolo di guida a tutte le opportunità offerte dal territorio.
Così come faranno da guida gli operatori del Community Center della Comunità Valdese di Catania, rappresentati ieri da Giuliana Scalia, che attraverso i loro sportelli di ascolto forniranno assistenza lavorativa ed educativa agli ospiti del De Gaetani, avviando percorsi di inclusione per chi vi abiterà.
Dalla visita agli spazi ancora polverosi e bui del cantiere si esce con una convinzione. La parola giusta per definire San Berillo e il De Gaetani non è rinascita, ma riscatto. Quello di un quartiere martoriato e degli abitanti che potranno contribuire al suo sviluppo.
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