La Corte costituzionale dichiara l'illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1: anche i mafiosi all'ergastolo potranno accedere ai permessi premio, ma a condizione che sia provato che abbiano reciso i loro legami con la criminalità organizzata.

Dopo la Corte europea dei diritti dell’Uomo anche la Corte costituzionale rivaluta l’ergastolo ‘ostativo’: quello che impedirebbe la concessione dei “permessi premio” a mafiosi – ai terroristi e ai responsabili di altri gravi reati – se non fanno i nomi dei loro sodali, introdotto all’indomani della strage di Capaci, proprio per indurre boss e gregari a collaborare con lo Stato.
La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 4 bis, comma 1; specie la parte in cui non prevede la concessione di permessi premio in assenza di collaborazione con la giustizia, anche se sono stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata.
Adesso anche i mafiosi all’ergastolo potranno accedere ai ‘permessi premio’ ma a condizione che sia provato che abbiano reciso i loro legami con la criminalità organizzata e purché sia dimostrata la loro partecipazione al percorso rieducativo. Si tratta di una pronuncia di grande impatto, perché non riguarda solo i 1.250 condannati all’ergastolo ostativo, ma anche chi sta scontando pene minori per mafia, terrorismo, violenza sessuale aggravata, corruzione e, in generale, i reati contro la pubblica amministrazione.
A seguito della pronuncia della Corte, la presunzione di ‘pericolosità sociale’ del detenuto non collaborante non è più assoluta ma diventa relativa e quindi può essere superata dal magistrato di sorveglianza, la cui valutazione caso per caso deve basarsi sulle relazioni del carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.
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