Gettata dal diavolo dentro il cratere dell’Etna per giungere prima all’inferno, dal corpo di Elisabetta I sarebbe caduta una pantofola maledetta.
Oggi patrimonio dell’Unesco e inestimabile fonte di meraviglia e bellezza per chiunque l’ammiri, l’Etna era anticamente ritenuta una delle anticamere degli Inferi, accesso diretto alla dimensione ultraterrena. La sua potenza e la forza distruttiva del suo magma, in effetti, hanno fatto in modo che nei secoli si sviluppassero diverse leggende sul Vulcano, fino ad arrivare a un celebre mito inglese sulla regina Elisabetta I. Folclore vuole, infatti, che, trasportato dal diavolo per essere gettato nel cratere, dal corpo privo di vita della sovrana cadesse una pantofola maledetta, che avrebbe portato sfortuna a coloro ne entrarono in possesso.
La leggenda della pantofola maledetta della regina Elisabetta I lega diversi personaggi e differenti epoche storiche al territorio di Bronte e al Vulcano catanese. Dall’epoca elisabettiana il mito si sposta, difatti, alla fine del Settecento, vantando tra i protagonisti anche il celebre ammiraglio inglese Nelson, conosciuto in Sicilia come il duca di Bronte.
Elisabetta I, ultima regnante della dinastia Tudor, fu la figlia di Enrico VIII e Anna Bolena e governò sul regno d’Inghilterra tra il 1558 e il 1603, anno della sua dipartita. Donna intelligente e scaltra, gli anni della sua monarchia possono essere considerati di grande benessere e importanza per l’Inghilterra, che grazie a lei seppe imporsi come potenza commerciale e non solo nel panorama europeo.
L’epoca elisabettiana è ricordata, in primo luogo, per la sua eccezionale fioritura artistica e culturale, non è un caso che Shakespeare visse proprio in questi anni. Grazie alla sua abilità, riuscì a scalzare il regno spagnolo e imporre l’Inghilterra come potenza marittima ed economica.
Il mito vuole, tuttavia, che il successo e la longevità del regno di Elisabetta I non fossero frutto soltanto della sua intelligenza e talento di monarca. Le voci narrano, in effetti, che la sovrana strinse con il diavolo un patto, perché potesse governare a lungo sulla terra degli inglesi. Il diavolo mantenne la promessa, al punto che la regina poté governare per ben quarantotto anni. Ma l’accordo stretto con Lucifero prevedeva, come ben si sa, un prezzo da pagare.
Alla morte della sovrana, il diavolo si presentò puntuale per ricevere il suo riscatto. Condusse, quindi, il corpo ormai privo di vita di Elisabetta in cima al monte Etna, nel mito anticamera dell’inferno, perché la sua anima raggiungesse prima la destinazione finale. Gettando il corpo nel cratere nei pressi di Rocca Calanna, però, cadde dal piede della regina una pantofola scintillante di lustrini.
Qualche tempo dopo un pastorello, che si trovava da quelle parti a pascolare il gregge, s’imbatté nella pantofola e, per la curiosità di toccarla, quella s’infiammò, ustionandolo. Soffrente, il pastore si recò al paese vicino e, raccontato l’accaduto, fu fatto chiamare un abate esorcista. Il religioso recitò di fronte alla pantofola tutti gli spergiuri che conosceva, facendola volare via. La calzatura andò, tuttavia, a finire sul tetto della vicina torre del Castello di Maniace.
Appena due secoli dopo, il castello di Maniace fu dato in dono dai Borbone all’ammiraglio Nelson, nominato a Palermo duca di Bronte. Durante la sua intitolazione, Nelson ricevette la visita di una misteriosa donna, che gli consegnò un pacco con all’interno una calzatura brillante e preziosa, raccomandandogli di non farla vedere a nessuno. Non appena l’ammiraglio sollevò lo sguardo per chiedere spiegazioni alla donna, si accorse, però, che era sparita. Da quel momento, Nelson fu baciato da una straordinaria fortuna in battaglia, buona sorte che si arrestò improvvisamente, tuttavia, quando la sua amante, Lady Hamilton, lo persuase a rivelargli il segreto del suo successo.
Una notte apparve in sogno al duca proprio la misteriosa donna, che, incollerita, lo rimproverava di aver gettato in fumo la sua buona sorte. Alcuni giorni dopo l’ammiraglio vinse la battaglia di Trafalgar, ma perse la vita in combattimento. Si trattava del 21 ottobre 1805, giorno in cui Nelson fu colpito da un colpo di sparo tirato dall’albero maestro di una nave, intagliato, volle la coincidenza, da un pino dell’Etna.
Il suo corpo fu fatto trasportare fino in Inghilterra all’interno di una botte di rum, perché si conservasse integro. Durante il tragitto, invece, alcuni marinai, ignari, fecero un foro nella botte e bevvero tutto il liquore. Ancora oggi, in memoria dell’accaduto, in Regno Unito si produce un rum di nome “Nelson’s Blood”, noto per il suo inconfondibile colore rosso.
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