È stato pubblicato il nuovo rapporto Ocse su scuola e università, che evidenzia una situazione di forte criticità della scuola e dell'università in Italia.
È stato pubblicato il nuovo rapporto Ocse su scuola e università, che evidenzia una situazione di forte criticità della scuola e dell’università in Italia. “Education at a glace 2019”, questo il titolo del report, ha preso in esame differenti aspetti e problemi inerenti il mondo dell’istruzione nei paesi Ocse. Il quadro che ne viene fuori, tuttavia, evidenzia un panorama non troppo roseo per il Bel Paese.
Una delle criticità che emerge immediatamente è quella inerente al numero di studenti e di docenti nelle scuole italiane entro i prossimi dieci anni. Secondo i dati, infatti, si conterà oltre un milione di studenti in meno nei prossimi anni, ma il problema non riguarderebbe esclusivamente gli alunni.
Complice Quota 100 ma anche un’età media dei docenti italiani troppo elevata, prossimamente le cattedre scolastiche potrebbero restare vuote a causa dei numerosi pensionamenti. Si potrebbe non essere in grado, infatti, di garantire un corretto turn over, se si considera che in Italia si registra la quota più bassa di docenti tra i 25 e i 34 anni. I professori ultracinquantenni, al contrario, si attesterebbero intorno al 59%.
I Neet sono quei giovani che non studiano, non lavorano e non si trovano impiegati in nessun tipo di attività formativa. Anche in questo caso l’Italia si aggiudicherebbe di diritto la maglia nera, con un tasso di inattivi e disoccupati tra i più alti tra i paesi dell’Ocse.
Il Bel Paese, infatti, farebbe registrare la terza quota più alta di Neet con un tasso superiore al 10% tra i 18 e i 24 anni, in buona compagnia della Colombia. In Italia circa 11% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni sarebbero Neet, mentre il numero triplicherebbe per i 20-24enni. Sebbene un più alto grado di istruzione, sarebbero le donne a raggiungere sogli di inattività più consistenti (37%), mentre gli uomini si fermerebbero al 26%.
In Italia si userebbe solo il 3% della spesa pubblica per scuola e università, a fronte del 5% della media degli altri paesi dell’Ocse. Tra l’altro, i finanziamenti all’istruzione sarebbero stati tagliati di circa il 9% tra il 2010 e il 2016 sia per la scuola che per l’università. La spesa pubblica sarebbe scesa più velocemente del numero di iscritti a scuole pubbliche e università.
Un dato positivo, comunque, emergerebbe in ambito universitario, evidenziando un aumento del numero di iscritti che si avvalgono di esenzioni o riduzioni delle rette. Nel nostro Paese, infatti, le tasse universitarie sarebbero tra e più elevate, al pari con Paesi Bassi e Spagna, ma al di sotto di Lettonia e Regno Unito. Nell’ultimo decennio, però, le rette sarebbero aumentate meno rispetto ad altre nazioni, mentre sarebbero aumentati gli studenti che ricevono aiuti finanziari.
Altra nota dolente, il Bel Paese sarebbe fanalino di coda per numero di laureati. Soltanto il 19% dei 25-64enni avrebbe conseguito un titolo di laurea, contro il 37% della media delle altre nazioni dell’Ocse. Una luce di speranza proverrebbe, tuttavia, dalle nuove generazioni, dove sarebbe in costante aumento il numero di laureati.
Apprezzate anche le lauree di secondo livello, se si considera che circa il 22% degli italiani sceglierebbe di iscriversi a un corso di laurea specialistico, a fronte del 14% della media degli altri paesi. Inoltre, da report emerge come nel mondo professionale i dipendenti con titolo di laurea guadagnerebbero circa il 39% in più rispetto ai colleghi col solo diploma.
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