Dal bilancio finale di Goletta Verde è risultato che i mari del Sud Italia sono molto inquinati. Anche le coste siciliane sono coinvolte e, secondo gli esperti, il problema è prevalentemente legato alla depurazione delle acque.
Come ogni anno è stato reso noto il bilancio finale di Goletta Verde sull’inquinamento delle acque italiane. Purtroppo, per l’anno 2019 i risultati non sono affatto rassicuranti: secondo quanto rilevato, più di 1 punto su 3 tra mari e laghi è inquinato o fortemente inquinato. Dei 262 punti analizzati in tutta Italia, è risultato che il 36% dei luoghi è in cattive condizioni: di questo, il 7% è risultato inquinato e ben il 29% è stato decretato fortemente inquinato.
Tra le zone inquinate, dati allarmanti vengono proprio dalle coste del Sud Italia, dove risultano diversi punti in cui le acque sono fortemente inquinate. Campania, Calabria ma anche Sicilia finiscono quindi nel mirino e proprio per queste regioni viene lanciato un forte allarme.
La situazione attuale ha del paradossale: pensando alle magnifiche coste del Sud Italia sembra assurdo credere quale sia il livello di inquinamento. Il ruolo principale sembrerebbe essere svolto dalla mala depurazione e dalla condizione di incompletezza delle reti fognarie, due problemi che affliggono l’Italia meridionale da lungo tempo. Si tratta infatti di “criticità storiche“, come definite da Legambiente, che negli anni hanno inciso in maniera particolare in regioni come la Campania, Calabria e Sicilia.
“I nostri mari e i nostri laghi continuano a subire continui assalti, primo fra tutti quelli della mancata depurazione” ha dichiarato il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani. “Le opere necessarie per il completamento della rete fognaria e di depurazione delle acque reflue sono una priorità per dare il via a quella grande opera pubblica di cui non si parla mai in Italia“.
E “storiche” è in effetti l’aggettivo più adatto a una situazione come quella della depurazione in Italia. Risale infatti al 1991 l’approvazione della legge europea sulle norme relative a depurazione e impianti fognari e tuttavia, a ben 28 anni di distanza, sembra ancora essere ignorata. E non stupisce che le condizioni peggiori siano quelle delle coste meridionali: basti pensare che oltre il 65% dei luoghi privi di tali impianti di depurazione si trova in Sicilia, regione in cui nel 2018 solo il 17% degli impianti che trattano le acque reflue risultava essere a norma.
Anche nel report dell’Arpa Sicilia per l’anno 2018 sugli impianti di depurazione è stato evidenziato che: “il ritardo della regione Sicilia nel settore della depurazione deriva sostanzialmente da impianti di depurazione rimasti incompleti, e quindi tuttora non funzionanti, o divenuti nel tempo sottodimensionati o vetusti e quindi non più in grado di trattare i reflui […]. Si rileva – continua il report -, anche un mero problema di non adeguata gestione degli impianti stessi da parte degli Enti gestori e un rimpallo di responsabilità tra essi e i Comuni proprietari degli impianti“.
La conseguenza principale di una tale situazione è quella dell’inquinamento del mare attraverso un cattivo smaltimento delle acque. Il mancato funzionamento, o peggio, la totale assenza di depuratori delle acque di scarto urbane comporta il versamento nelle aree marine di sostanze che non dovrebbero essere presenti. Alla cattiva condizione della depurazione in Italia, bisogna sommare il grave problema del marine litter, purtroppo sempre più prepotentemente presente nelle acque del mondo.
Una tale percentuale di inquinamento diventa quindi un pericolo per l’ambiente e anche per la salute degli esseri umani e non agire per risolvere questi problemi non può far altro che aumentare il problema. Com’è successo in tutti questi anni.
Inoltre, il problema degli impianti di depurazione non è circoscritto alla questione ambientale. Il mancato adeguamento da parte dell’Italia, alle norme europee in merito, costa al paese decine di milioni di euro all’anno, e i costi sembrano destinati ad aumentare.
Infatti, nel maggio 2018, l’Italia è stata già condannata al pagamento di 25 milioni di euro, cui si devono aggiungere 30 mln per ogni ritardo di sei mesi nell’adeguamento alle norme di depurazione delle acque. Nello specifico, 237 agglomerati urbani con più di 2.000 abitanti non trattano adeguatamente le acque reflue. Le regioni italiane interessate sono Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e Toscana.
“Smettiamola di sperperare così i soldi dei cittadini, ma investiamo piuttosto queste risorse in opere realmente utili per l’ambiente e l’economia turistica italiana” ha dichiarato a tal proposito Ciafani.
Per quanto riguarda la Sicilia un confronto tra le analisi di Goletta Verde nel 2014 e quelle del 2019 fa capire che in 5 anni non si sono riscontrati particolari miglioramenti.
Nel 2014, delle aree analizzate nel catanese, solo la Playa è risultata entro i limiti adeguati. Bene invece per la provincia messinese, dove le bandiere sono state tutte verdi. Lo stesso non si poté affermare per la provincia di Palermo e Agrigento, dove la maggioranza delle aree risultarono fortemente inquinate. Leggermente migliore la condizione dell’area trapanese, con zone entro i limiti e alcune inquinate.
Per quanto riguarda il 2019, la situazione nel catanese appare invariata dimostrando che non si è apportato nessun miglioramento nell’arco dei cinque anni trascorsi rispetto all’indagine precedentemente citata. Per quanto riguarda le altre province siciliane, Agrigento risulta in una condizione peggiore rispetto al 2014, mentre l’area trapanese sembra mantenere i livelli del 2014. Le analisi per la provincia di Palermo e Messina risultano invece piuttosto negative, sebbene per il messinese manchino i dati necessari per attuare un vero confronto. La situazione è rimasta pressoché identica per l’area siracusana-ragusana.
Quest’anno in Sicilia, dei 25 punti critici analizzati tra foci e spiagge, ben 16 punti sono risultati oltre i limiti adeguati e di questi 12 sono fortemente inquinati. Non servono altri dati per capire quanto la situazione possa essere allarmante e quanto necessario sia un intervento che renda a norma gli impianti fognari e depurativi dell’isola e di tutto il Paese. Tuttavia, il passato sembrerebbe farci intuire che questa rimarrà soltanto una speranza mai avverata.
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