Le parole di Paolo Borsellino in un audio inedito desecretato in occasione dell'anniversario della sua morte, avvenuta il 19 luglio 1992.
Solo, con pochi mezzi e poca protezione. Le parole Borsellino, contenute in un audio inedito svelato ieri dalla commissione Antimafia, non potrebbero essere più amare. Già otto anni prima della morte, le sue parole risalgono infatti all’8 maggio 1984, il giudice parlava dei problemi alla Commissione antimafia della carenza di strumenti indispensabili per gestire il Maxiprocesso.
La registrazione emerge dagli archivi della Commissione parlamentare antimafia. Le audizioni e le deposizioni riguardanti il magistrato ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992 sono state desecretate in occasione dell’anniversario della sua morte.
“Siamo 4 a dover essere portati ma abbiamo una sola auto blindata, disponibile solo di mattina. Così sono libero di essere ucciso la sera”, afferma il giudice con un’ironia che non potrebbe risultare più amara oggi, a più di vent’anni dalla sua morte.
“Voglio sottolineare – dice Borsellino alla Commissione antimafia nel 1984 – la gravità dei problemi di natura pratica che ogni giorno dobbiamo affrontare. Con la gestione dei processi di mole incredibile, è diventato indispensabile l’uso di attrezzature più moderne, come i computer: il pc è finalmente arrivato ma non sarà operativo se non tra qualche tempo, ci sono problemi gravi di installazione, è stato messo in un camerino. Deve servire per la gestione dell’enorme processo che stiamo portando avanti. È indispensabile, c’è una mole di dati incredibile, il processo impegna ben 4 magistrati. Non bastano più le rubriche artigianali”, lamenta ancora il giudice.
Le lamentele toccano anche la carenza di personale. Non soltanto quello di servizio, ma anche e soprattutto gli autisti giudiziari. “La mattina con strombazzamento di sirene la gran parte di noi viene accompagnata in ufficio dalle scorte ma il pomeriggio c’è una sola macchina blindata e io sistematicamente vado in ufficio con la mia auto per poi tornare a casa verso le 21-22″.
Il giudice si è anche soffermato sulla questione dell’impiego delle forze di polizia, sottolineandone le mancanze, in particolari quelle riguardanti il pedinamento del fratello di Riina, visto come possibile contatto del boss col mondo esterno. “È una mia convinzione, basata su dati di fatto, che la zona di Marsala sia diventata una specie di ‘santuario’ delle cosche mafiose – sottolinea il magistrato –. Mi sono chiesto come mai Bernardo Provenzano e Salvatore Riina, capi riconosciuti di Cosa Nostra, hanno l’uno parenti e l’altro grandi proprietà terriere a Castelvetrano.
Perché il fratello di Riina abita a Mazara del Vallo da circa 20 anni e per una certa situazione riguardante le forze di Polizia, pur sapendo che si recava ogni settimana a Corleone non era mai stato fatto un pedinamento”.
“È chiaro – prosegue – che Riina, che ha dei figli che non si sa dove siano, un contatto con il mondo esterno, con la vita civile deve pure tenerlo. Niente di strano che lo tenga attraverso il fratello, sul quale non si era fatto alcun accertamento. Io ho rilevato l’esigenza di farlo”.
Sull’audio inedito di Borsellino è intervenuto anche il presidente della Regione Nello Musumeci, che ha ribadito in un post su Facebook la sua vicinanza, anche a livello di conoscenza personale, nei confronti del giudice, invocando verità sulla sua morte.
“Ho ascoltato, come tantissimi italiani, gli audio inediti sull’audizione di Paolo Borsellino appena desecretati – scrive Musumeci –. La mia rabbia è quella di un giovane uomo che ebbe il privilegio di conoscere il giudice e di ascoltarlo due anni prima della sua tragica fine. Vogliamo verità. Ieri lo chiedevo come siciliano, oggi lo pretendo da presidente della Regione. Verità. E basta”.
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