Il borgo di Mascali è stato più volte colpito da violente eruzioni dell’Etna. Il mito narra che la colpa sia della folle gelosia del Vulcano per Rosemarine.
Per ogni catanese l’Etna, la sua Montagna bella e incontrastata, rappresenta a tratti un’entità umana, dotata di anima, cosciente e viva al limite della personificazione. Per questa ragione non stupiscono le innumerevoli leggende che la riguardano e vedono protagonista come se fosse realmente una persona, come se le sue azioni fossero addirittura dettate da una logica. È questo il caso della leggenda di Mascali e Rosemarine, mito che narra della gelosia amorosa e della furia vendicativa del Vulcano.
La mitologia racconta di come l’Etna fosse anticamente l’officina del dio Efesto, altrimenti conosciuto come Vulcano. Qui il dio, aiutato dalla forza manuale dei ciclopi, fabbricava possenti e robuste armi per gli dèi e, in quel momento, la potenza del magna era talmente dirompente da causare terremoti ed eruzioni, che spaventavano gli abitanti del luogo.
Ma non era questo l’unico motivo a impensierire i locali. Vulcano si era, infatti, perdutamente invaghito di una ninfa, la quale viveva proprio alle pendici dell’Etna. Rosemarine, questo il suo nome, non ricambiava l’amore della pericolosa divinità, che si vendicava della fanciulla scagliando il magna sulla cittadina.
Il burbero Vulcano era affetto da una morbosa gelosia e mal sopportava la ritrosia di Rosemarine, la quale non ci pensava nemmeno a cedere alle avance del dio. La giovane donna era, infatti, innamorata di un bel pastore di nome Mascali, il quale era solito pascolare le sue greggi nella valle in cui viveva proprio la ninfa. Rosemarine vide il giovane, intento nel suo lavoro, mentre passeggiava come di consueto tra palme e ruscelli e lì i due s’innamorarono.
Venuto a conoscenza di questa relazione, Vulcano si fece prendere dall’ira e scagliò su Mascali e su tutta la cittadina una violenta eruzione, che uccise il giovane e circondò tutto. Per non fare del male anche all’amata Rosemarine, egli risparmiò la vallata in cui questa viveva. A nulla, però, servì, visto che la ninfa, disperata per la morte dell’amato, si gettò tra le fiamme, mettendo fine alla sua vita.
Per onorare i due innamorati e tramandare questa storia, gli abitanti delle zone circostanti vollero ricostruire il borgo distrutto dal fuoco, dandogli proprio il nome di Mascali. Da quel momento in poi, la cittadina fu più volte lambita dalla lava dell’Etna, dando nutrimento alla credenza secondo cui fosse ancora la rabbia implacabile del dio a tormentare quella povera terra.
Tra le varie eruzioni, caso volle che una fosse particolarmente violenta, al punto da ricoprire tutto il centro abitato. Il disastro ebbe luogo nel 1928, data in cui tutta Mascali fu invasa dalle fiamme, eccetto che un albero di palma. Straordinariamente, infatti, la lava la risparmiò, circondandola soltanto. Gli abitanti credettero che quella palma fosse l’incarnazione della bella Rosemarine, rimasta in eterno accanto al suo bel pastore, e che, anche in quell’occasione, Vulcano non abbia avuto il coraggio di fare del male alla sua amata ninfa.
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