Dodici anni fa Leonard Hofstadter è diventato un'icona del mondo nerd grazie alla serie "The Big Bang Theory". Oggi, in occasione della seconda giornata di Etna Comics 2019, Johnny Galecki racconta alla stampa il proprio rapporto con lo scienziato di Pasadena e la celebrità.
Dopo i ringraziamenti di rito, si inizia subito con i ricordi. Del resto, l’iconica serie tv sugli scienziati nerd è ormai giunta alla fine ed è ora di guardarsi indietro. “Una delle tradizioni nate durante Big Bang Theory è stata quella di iniziare con un abbraccio poco prima di iniziare le riprese – esordisce Galeck –, un po’ come una squadra sportiva. Abbiamo cominciato con la prima puntata e poi è diventata una sorta di tradizione, abbiamo continuato, fino ad arrivare all’inizio dell’ultima puntata”. Anche in quel momento gli abbracci di squadra non sono mancati. “È stato un momento molto triste, molto serio, ci sono state anche un po’ di lacrime per questa sorta di abbraccio sportivo, di cui oggi sono anche un po’ imbarazzato nel ricordarlo”, conclude.
Si è iniziato rievocando un divertente episodio della serie TV, durante il quale Leonard e compagni, recandosi a un Comicon vestiti da personaggi di Star Treck, rimangono bloccati in un deserto. Ma la vita reale è un altro paio di maniche. “Siamo andati a circa 8 o 9 Comicon. Ricordo che il primo anno non sapevamo che tipo di successo aveva questo show, che è comunque uno show di science-fiction – precisa l’attore prima di continuare il suo discorso -. Quindi siamo partiti tutti in treno per andare da Los Angeles a San Diego. Il produttore Chuck Lorre ci dice che per noi ci sarebbe stata una sala di 7000 persone. C’è preso un colpo! Pensavamo che non saremmo mai riusciti a riempire questa sala, state scherzando!? È un’idea terribile!
Poi, in quel momento c’era anche Battle Star Galattica, quindi credevamo che questa sala sarebbe rimasta mezza vuota”. La suspense aumenta, ma al momento di entrare, ad attendere il cast c’era una piacevole sorpresa. “Nonostante le insistenze per avere una sala più piccola, al momento in cui siamo entrati in questa sala di 7 mila persone, non soltanto la sala era gremita di gente, ma c’erano stati anche molti fan che avevano passato lì la notte apposta per riuscire a entrare. Quella è stata la prima conferma e la prima sicurezza di ciò che stava creando lo show. Ed è stato particolarmente importante per gli sceneggiatori e per tutti i membri che non si riconoscono per strada, ma che fanno parte della grande famiglia dello show. In particolare, per loro è stata un’occasione per capire cosa stava succedendo”.
E a proposito del mondo delle fiere del fumetto, Leonard rivela al pubblico una piccola curiosità. “È anche bellissimo perché posso indossare una maschera di Darth Vader e non essere riconosciuto quando sono in giro e nessuno pensa che sia strano. Se oggi vedete un Darth Vader in giacca rosa sono io, perché già in altri Comicon ho indossato una maschera del genere per andare in giro indisturbato”, conclude tra le risate generali.
“Uno sceneggiatore, Norman Lear, una volta mi disse che sia se sei uno scrittore, sia se sei un attore, se ami il tuo personaggio lo interpreterai per sempre – esordisce a proposito del rapporto col personaggio -. Io adoro Leonard, ci assomigliamo in alcuni tratti anche se sicuramente come personaggio è molto meno testardo di me”.
Era la domanda più attesa. La fine di uno show è sempre un colpo duro per tutti i fan; il discorso vale soprattutto per The Big Bang Theory, che per dodici lunghe stagioni, ha conquistato il pubblico coi nerd più simpatici della TV. Ma come la si vive da attore? “È stato un momento molto importante. Per tutti gli anni dello show abbiamo fatto delle ipotesi su come sarebbe finito, ne parlavamo – inizia Johnny, rievocando le sensazioni vissute negli anni –, anche con quel timore, quella sensazione che tutto finisce, ma chiaramente, per quanto tu possa farti delle ipotesi e prepararti al momento, finché non succede non sai mai come ci si sente realmente.
È stato molto emozionante – aggiunge concludendo –, ho cercato di essere presente a me stesso ma ci siamo comunque lasciati andare ad abbracci, qualche lacrima, un po’ di tristezza. Ma è stato molto bello e in questo bisogna ringraziare gli sceneggiatori, che hanno reso possibile tutto questo, che hanno fatto un grandissimo lavoro e sono riusciti a concludere tutti i cicli narrativi legati a tutti i personaggi e a dare una unità e completezza allo spettacolo”.
Per interpretare un nerd come Leonard, forse bisognava essere un po’ nerd (anche se non è stato necessario acquisire un dottorato in fisica, malgrado alcuni personaggi della serie, come Amy, abbiano davvero un titolo di studio analogo). “Collezionavo fumetti da ragazzino e disegnavo anche, facevo un sacco di sketch ed ero un grandissimo fan degli X-Men – confessa l’attore a proposito del mondo del fumetto –. Era un mondo a me familiare, ho provato tantissimo a farmi prendere per fare il cast per Nightcrawler, ma purtroppo non è stato così. Prima di Big Bang Theory non ero mai stato a una convention di fumetti e comunque non sei mai preparato a una cosa del genere, all’emozione, all’energia e alla passione che ti danno tutti i fan”.
“Non mi dà fastidio essere associato a Leonard, perché è veramente una persona fantastica, una persona buona, e i suoi fan dimostrano sempre quel calore, quell’affetto, quella gradevolezza. Forse perché Leonard è un personaggio, come un po’ tutti quelli del cast, che dimostra le sue vulnerabilità e che tutti ci saremmo voluti portare a casa”, esordisce l’attore a proposito del modo in cui vive il fatto di aver interpretato per dodici stagioni lo stesso personaggio e di essere inevitabilmente associato, a volte anche confuso, con quest’ultimo.
“Penso che sia molto diverso per chi interpreta un cattivo in una serie tv o comunque un personaggio negativo. Per quel che riguarda l’ingombranza di questo personaggio nella mia vita – conclude –, l’attenzione viene dal successo e questo fa parte del mio lavoro. Sono in una posizione unica e molto fortunata, perché ho la possibilità di conoscere belle persone come tutti voi, persone buone che vogliono essere buone, c’è un circolo di positività. Poi c’è sempre uno ‘stronzo’ in ogni stanza e in genere, se non lo trovi, sei tu”.
“Tutti chiedono sempre ai membri del cast se sono d’accordo su com’è finita la serie o se vorrebbero che continuasse, ma questa è una domanda che andrebbe posta agli sceneggiatori. Sono loro che hanno la responsabilità di scrivere nuove storie – precisa l’attore circa l’ipotesi di continuare la serie tv –. Ne hanno scritte più di 300 nell’arco di questi dodici anni e credo che la serie non sia finita perché sono finite le idee, perché ne avrebbero avute molte altre, ma credo che quello che gli sceneggiatori hanno pensato è che era giunta l’ora.
Tutti noi avevamo giustamente voglia di cimentarci in qualcosa di nuovo, di sfidarci in qualcosa di nuovo. Dato che non si può aggiustare qualcosa che non è rotta, perché in questo caso si tratta di una serie di successo e non c’è nulla da aggiustare, l’unico modo è andare, fare cose nuove, avere nuove esperienze”.
L’incontro con Johnny Galecky finisce così. Dopo aver rievocato tante fasi della sua vita passata e tanti momenti vissuti all’interno della serie TV, è l’ora di chiudere il capitolo The Big Bang Theory e affacciarsi verso il nuovo. Chiudere un libro che ha segnato la nostra vita è sempre difficile, a volte è anche doloroso, ma sullo scaffale c’è sempre spazio per un nuovo volume.
Articolo a cura di Silvia Di Mauro e Domenico La Magna.
Foto di Maria Regina Betti.
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