Sessantaseimila assunzioni nel biennio 2019-2020. Previsti due turn over uno a dicembre e uno a febbraio: i posti principali saranno in Lombardia, Piemonte e Veneto.

Il biennio 2019-2020 sembra essere la stagione dei concorsi per risistemare e stabilizzare la scuola pubblica, soprattutto dopo le nuove leggi approvate dal governo. Raddoppiate le domande di pensionamento, complice l’introduzione della quota 100, annunciati due sezioni di concorso per il reclutamento di 66mila unità: una da 16.959 posti, già definita e destinata a infanzia e primaria; l’altra da 48.536 disponibilità, in attesa degli atti preparatori e rivolta esclusivamente alle medie e alle superiori. Con una doppia sanatoria in arrivo per i precari di lungo corso.
Le graduatorie saranno regionali e non bisognerà più svolgere il triennio di “praticantato”. Si sancisce, l’addio alle varie e costose abilitazioni del passato, variamente denominate negli anni, Ssis, Tfa, Pas. A chi è già abilitato, anche in altra classe di concorso, non saranno richiesti i 24 Cfu. Alla secondaria, i posti principali saranno in Lombardia, Piemonte e Veneto. Le classi di concorso più gettonate: matematica e scienze (A028), italiano, storia, geografia (A022), discipline letterarie alle superiori (A012) e sostegno.
Al concorso ordinario per infanzia e primaria potranno partecipare i diplomati magistrali ante 2001/2002, compresi quelli esclusi dalla procedura straordinaria da oltre 10mila posti indetta lo scorso anno (attualmente in corso), e i laureati in scienze della formazione primaria. Alle 48.536 cattedre messe a bando per la secondaria (50% medie, il restante 50% superiori) potranno invece concorrere anche i laureati: è un’altra importante novità. A patto che abbiano conseguito 24 crediti formativi (Cfu) in materie antro-psico-pedagogiche.
Per i precari storici, vale a dire i supplenti da oltre 36 mesi, il Miur dovrebbe prevedere una doppia corsia preferenziale: una quota riservata del 10% dei posti (che però, su pressing parlamentare, potrebbe raddoppiare se non addirittura triplicare con una norma nel decreto crescita) e un “super punteggio” attribuito ai titoli (servizio incluso). Di base, ai requisiti accademici, scientifici e professionali non dovrebbero essere riconosciuti più di 20 punti (oggi non c’è omogeneità). A essere valorizzati saranno in particolare: dottorati di ricerca, abilitazione pregressa, superamento prove di una precedente selezione.
Il concorso per posti comuni dovrebbe essere strutturato su due scritti, che si superano con la votazione di sette decimi. Senza i temuti quiz preselettivi, dunque. All’orale, si punterà su un colloquio in cui verranno valutate, in primis, le conoscenze e le competenze nelle discipline facenti parti la classe di concorso (per cui si concorre) e la lingua straniera. Per il sostegno gli scritti dovrebbero passare da due a uno, dando peso a pedagogia speciale, didattica per l’inclusione scolastica e relative metodologie.
Una volta superate le prove, come detto, gli insegnanti saranno tenuti a svolgere un solo anno di formazione e prova. Dopo questo periodo di “rodaggio”, arriverà la conferma in ruolo e si dovrà rimanere nello stesso istituto per almeno altri quattro anni.
Nel frattempo boom di supplenze: i due concorsi ordinari non saranno banditi prima dell’estate. Ciò significa che a settembre, per coprire il turn over si ricorrerà a nuovo precariato. Le supplenze, secondo le primissime stime, dovrebbero tornare a superare, e non di poco, quota 100mila.
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