Si è appena concluso il Festival del Giornalismo di Perugia: cinque giorni di incontri, riflessioni e dibattiti sulla salute del mondo dell'informazione oggi e sugli eventi più significativi della contemporaneità. Spazio alla democrazia, ai diritti umani e alle donne.
Nell’epoca dell’informazione da click, in un mondo governato da fake news e da riflessioni posticce sulla contemporaneità, va in scena a Perugia il Festival Internazionale del Giornalismo che ha appena concluso con successo la sua XIII edizione, riconfermandosi uno dei media event più importanti a livello nazionale e internazionale. Il festival, che ha riunito giornalisti, accademici, attivisti, esperti e volontari da ogni parte del mondo, si è rivelato ancora una volta un luogo cruciale per riflettere sul ruolo e sul funzionamento dei media oggi e sulle questioni più spinose del nostro tempo. Un momento, soprattutto, per fare autocritica – costruttiva, sempre onesta e mai scontata – sulle pratiche del giornalismo stesso che sta vivendo forse in questi anni il periodo più critico della sua storia.
Nonostante il nodo tematico centrale che ruota attorno all’evento, i temi di quest’anno sono stati più che variegati, fornendo ai partecipanti gli strumenti e la possibilità di confrontarsi e di toccare con mano diversi ambiti, teorici e pratici, dell’attualità: dalla libertà di stampa al ruolo delle nuove tecnologie e i diversi supporti al lavoro del giornalista, dai diritti umani, crisi umanitarie, migrazioni e femminismi alla politica italiana ed europea, dalla disinformazione alle fake news, alla cyber guerra e al fact-checking. Per un totale di circa 300 eventi (tavole rotonde, interviste, spettacoli teatrali e workshop) con oltre 700 speaker, si è trattato di 5 giorni intensi che hanno riconfermato la portata innovativa del festival, fortemente libera e democratica, nel panorama italiano, europeo e mondiale.
Proprio l’aggettivo “internazionale” nel nome dell’evento ha rispecchiato una chiara volontà di ampliare la prospettiva, rivelandosi il punto di forza di un festival cosmopolita che si è svolto quasi interamente il lingua inglese: sfogliando il programma, scorrendo rapidamente la lista degli speaker o camminando per il centro storico di Perugia, non è stato difficile accorgersi di come numericamente gli stranieri superassero di gran lunga gli italiani. Tra i numerosi ospiti internazionali, Inna Shevchenko (leader del movimento Femen), Oscar Camps (fondatore e direttore di Open Arms), Paul Conroy e Nicole Tung (fotoreporter di guerra pluripremiati), Priya Ramani (la giornalista che fece dimettere il viceministro degli Esteri indiano Akbar), Jaclyn Corin e David Hogg (sopravvissuti alla strage di Parkland), Olivia Ma (direttrice di Google News Lab), Joan Donovan (Università di Harvard), Carl Woog (responsabile comunicazione Whatsapp) e Craig Newmark (pioniere del web).
Spazio tuttavia anche a moltissime voci italiane: affollatissimi gli incontri con il Presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico, con Lucia Annunziata, Marco Travaglio, Enrico Mentana, Roberto Saviano e Michela Murgia. Tra gli altri, presenti anche il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho, il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone, Agus Morales, Gianfranco Pasquino, Luigi Zingales, Antonio Nicaso, Carlo Verdelli, Alessandra Sardoni, Filippo Ceccarelli, Pierfrancesco Diliberto, Pif, Domenico Iannaccone, Mahmood, Alex Zanotelli, Ivan Zazzaroni e molti altri. In forte sinergia con le tematiche discusse dai colleghi stranieri, i protagonisti di questi incontri hanno zoomato con occhio estremamente lucido, su alcuni punti essenziali, spesso delicati ma non per questo intoccabili, strettamente legati all’attualità del nostro Paese: dalla politica dei giorni nostri e dalle derive fasciste di quest’ultima alla rivoluzione femminista in atto in Italia, dalla criminalità organizzata fortemente radicata ancora oggi in diverse zone della Penisola all’accoglienza dei migranti.
Tra i numerosi elementi che fanno di questo festival un evento coraggioso, al passo coi tempi ed estremamente vigile sulla contemporaneità e le sue criticità, vi è infine l’ampio spazio dedicato alle donne, alle minoranze e ai diritti umani, un’attenzione certamente dovuta ma non scontata in un Paese che ha recentemente assistito a eventi come il Congresso Mondiale delle Famiglie svoltosi a Verona dal 29 al 31 marzo. Una scelta che rivela chiaramente la volontà di dimostrare come sia possibile riempire le sale anche parlando di certe tematiche, sempre più scomode o strumentalizzate. In un Paese dove non è difficile lanciare l’accusa di “all male panel!”, infine, il 49% degli speaker presenti al Festival Internazionale del Giornalismo è stato rappresentato da donne: giornaliste, scrittrici, leader, accademiche e attiviste che hanno contribuito non a livello meramente numerico, ma soprattutto in termini di qualità del dibattito e di varietà di discorsi.
Le tematiche affrontate sono, infatti, state trasversali: dalla riflessione sulla leadership delle donne nei media ai nuovi modi di raccontare storie di genere in maniera innovativa nell’era del #metoo affrontati da voci autorevoli in ambito internazionale, passando per l’esperienza di Shevchenko nel movimento femminista Femen, ha trovato spazio anche una riflessione tutta italiana nell’incontro “Ritorno al passato: l’attacco globale alle donne, ai diritti e alle conquiste sociali” con Michela Murgia e Giulia Siviero, che insieme hanno avuto il merito di guardare lucidamente alla situazione nostrana attuale: “Esistono solo i diritti che siamo in grado di difendere, se ci distraiamo un attimo, quei diritti ce li portano via”, afferma Murgia racchiudendo forse in una sola frase il senso di un evento come quello che si è appena concluso a Perugia: la necessità di non abbassare mai la guardia, di riflettere, di fare autoanalisi e, se opportuno, di reinventarsi, dal giornalismo a ogni ambito della quotidianità.
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