L’Etna si è risvegliata. Uno spettacolo a cui, in fin dei conti, dalla parte della Sicilia orientale, si è ben abituati, ma mai del tutto. Arrivano infatti nuove emissioni di vapore dai crateri sommitali “Voragine” e “Puttusiddu”, lo spiritoso nome dato al nuovo cratere di Sud-Est, che sono tornati in attività a partire dallo scorso 26 marzo. Delle riprese satellitari, inoltre, avrebbero localizzato delle anomalie termiche nel cratere “Bocca Nuova”, inattivo dallo scorso dicembre 2018, mese che per molti abitanti della provincia etnea è stato più che memorabile.
E proprio per la terribile esperienza del terremoto di Santo Stefano, dalla parte di Catania e provincia si guarda adesso all’Etna come un pericolo costante, in agguato. Ma è lo stesso vulcanologo che ha comunicato le nuove emissioni, Boris Behncke, a tranquillizzare: “una nuova attività dell’Etna non significherebbe automaticamente anche nuovi terremoti distruttivi. Molte eruzioni dell’Etna, soprattutto quelle sommitali, si svolgono in quasi totale assenza di attività sismica lungo le faglie nei fianchi dell’Etna”.
“Il rischio sismico – continua sul suo post Facebook – esiste a prescindere dall’attività dell’Etna, e non sono le eruzioni di questo vulcano che ci devono far riflettere sul rischio sismico e intraprendere le azioni per rendere questo un paese antisismico”. Il vulcanologo conclude poi ricordando come “sarà la cosa più normale da aspettarsi, di rivedere l’Etna in attività eruttiva in un futuro non molto lontano. Bisogna anche tener presente che l’Etna, quando non è in eruzione, sta preparando la prossima eruzione, questo è il suo lavoro, lo è sempre stato e lo sarà sempre”.