Diversi "murales" sono apparsi in città ai danni dell'amministratore delegato del Calcio Catania Pietro Lo Monaco: deturpato anche il Monumento ai Caduti.
Dopo gli scontri verbali delle scorse settimane, campeggiano in città sempre più scritte contro l’ad rossazzurro Pietro Lo Monaco, reo di aver inveito in conferenza stampa contro il tifo organizzato presente nelle curve del Massimino.
Un batti e ribatti che ancora oggi non cenna a placarsi, tra roventi conferenze stampa e lettere spedite al mittente di via Magenta da parte delle due curve riunite. Nord e Sud contro Pietro Lo Monaco: si è assistito anche a questo negli ultimi giorni, con il contemporaneo esonero di mister Andrea Sottil e l’arrivo di Walter Novellino a Torre del Grifo.
Ma quello che probabilmente fa più male alla città di Catania, uscendo dal panorama calcistico, sono i murales che campeggiano in città, qualora così possano essere definiti. Non volendo minimamente entrare in una qualsiasi difesa delle parti, rimane una chiara usurpazione del bene comune che ha fatto storcere il naso a tantissimi cittadini, tifosi rossazzurri compresi. Perché qualsiasi sia il motivo, chiunque abbia torto o ragione, diventa difficilmente accettabile vedere imbrattata parte della città, del proprio territorio, appartenente alla comunità intera.
Un esempio, tra tutti, è l‘usurpazione del Monumento dei caduti, presente tra via San Giovanni Li Cuti e Viale Ruggero di Lauria (piazza Tricolore), recentemente ristrutturato e ripulito dagli atti vandalici di questi anni. Proprio in uno dei muri perimetrali dell’arena è comparsa una scritta contro l’ad rossazzurro: “Lo Monaco topo di fogna“.
Altro murales è stato ravvisato nelle storiche mura volute dall’imperatore Carlo V di Spagna, nei pressi di via Dusmet e gli archi della marina, proprio sotto l’arcivescovado catanese; altro pregevole dipinto lo si ritrova all’interno del porto di Catania, sopra alcuni frangiflutti.
Un dolore per i cittadini catanesi che vedono sporcare la propria città da chi, probabilmente, non si rende conto di quanto di più prezioso possa appartenere prima a se stesso e poi all’intera comunità etnea.
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