Tra i settori coinvolti nella riforma pensionistica di "quota 100" potrebbe esserci anche quello scolastico: per qualcuno è già allarme su un possibile diffuso pensionamento entro fine anno scolastico, con rischio di cattedre vacanti all'inizio del prossimo.
Uno dei punti di forza del governo Lega-Cinquestelle, ovvero la nuova riforma delle pensioni denominata “quota 100”, potrebbe avere effetti controproducenti sul sistema scolastico, per il quale, in base alle richieste pervenute, qualcuno inizia ad intravedere un cospicuo numero di cattedre vuote a partire dal prossimo anno scolastico. La nuova riforma prevede infatti la possibilità di chiedere il pensionamento per chi ha raggiunto 62 anni, avendone però 38 di contributi, parametri in cui sembrerebbero rientrare numerosi docenti delle scuole italiane, dalle elementari alle superiori.
Le richieste pervenute all’IMPS non sono mancate, dunque, nel settore scolastico, coinvolgendo tanto gli insegnanti, quanto membri del personale ATA, arrivando in percentuali minori anche dagli stessi dirigenti scolastici: per i requisiti validi nel 2018, il termine ordinario di scadenza era fissato al 12 dicembre, data in cui le richieste pervenute tra ATA e docenti ammontavano a 27mila in tutta Italia: a questi, se ne aggiungono attualmente più di 8mila, in relazione alla proroga concessa fino alla fine di febbraio. Alla fine, si stima che a settembre potrebbe esserci un turnover di oltre 40mila unità nella scuola italiana.
L’allarme è scattato in relazione al fatto che potrebbero non esserci, in termini di numero, i docenti in grado di rimpiazzare questi numerosi pensionamenti; per tale ragione si stanno già attivando i vertici del MIUR per velocizzare i tempi dei concorsi, sebbene sia necessaria l’approvazione di Mef e Funzione Pubblica. Qualcosa sembra muoversi anche all’interno della Commissione istruzione in Senato, dove si lavora ad un emendamento all’attuale decreto in base al quale otterrebbero un punteggio aggiuntivo, ai concorsi, i precari di terza fascia. Questo vantaggio scaturirebbe dal fatto che, nelle prossime graduatorie, si farà in modo che i titoli posseduti abbiano un valore del 40% sul punteggio complessivo, valutando maggiormente gli insegnanti che abbiano esperienze precedenti in istituzioni scolastiche nazionali (in questo caso il punteggio attribuibile dei titoli salirebbe fino al 50%).
L’emendamento dunque riguarderebbe soprattutto numerosi precari, all’interno dei quali ve ne sono molti con esperienze pregresse, che dovrebbero soddisfare i nuovi termini, risolvendo così anche il problema della propria stabilizzazione ed al tempo stesso permettendo un’adeguata copertura delle cattedre vacanti attraverso docenti di esperienza e professionalità. Sebbene siano queste le premesse per i prossimi concorsi e per il necessario rimpiazzo generazionale, lo scetticismo aumenta in relazione ai tempi, molto ristretti per arrivare al prossimo settembre con una sostituzione completa. Proprio per questo si pensa già ad un maxi-impiego di supplenti nel caso in cui i tempi non coincidessero; il settore scuola rimane però solo una costola degli esuberi previsti da “quota 100”, in quanto nei settori amministrativi se ne prevedono oltre 200mila.
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