Nonne e mamme siciliane sono state ai fornelli per ore: con quali piatti della tradizione ci stupiranno? LiveUnict vi svela le ricette tipiche di ogni zona dell'Isola.
Per molti Natale significa famiglia, regali, camino acceso e giochi da tavolo. Alcuni, tuttavia, imparano fin da piccoli ad attendere dicembre per un ulteriore motivo che diviene, poi, il più importante: il cibo. Noti in tutto il mondo per abilità culinaria e tavole imbandite, i siciliani stupiscono con specialità locali dai sapori inconfondibili ed indimenticabili e il pranzo o la cena, assumono così, un significato altro, divenendo momento di incontro e condivisione.
Per le vie di Catania, già dalle prime ore di questo mattino, si respira un’aria diversa: i passanti, infatti, riempiono le narici con profumi di ogni tipo e contano impazientemente le ore che li separeranno dal cenone. Cosa gusteranno? A tavola non mancheranno di certo le crispelle che, preparate con farina e lievito di birra e ripiene di acciughe o di ricotta fresca, vengono poi fritte in enormi pentoloni colmi di olio nelle numerose crispellerie della città. Unte al punto giusto, in occasioni normali e in altre parti del mondo potrebbero fungere da cena ma nel menù siciliano di Natale rappresentano appena un antipasto.
Spostandoci un po’ e raggiungendo la zona del messinese, invece, potremmo assaporare la tipica pasta “ncaciata”, ovvero piena di cacio. La ricetta ha, in realtà, conquistato pian piano chiunque e le nonne di tutta l’Isola ne hanno fatto il proprio cavallo di battaglia, arricchendola in maniera personale: nel gelese e ad Agrigento al ragù e alle uova sode viene aggiunto il cavolfiore, mentre nel catanese le melanzane.
Dopo un primo piatto “leggero”, tocca al classico baccalà fritto, presentato a Natale, probabilmente riproposto a Capodanno. Particolarmente allettante appare la variante augustana del pesce che, lasciato in una ciotola con pomodori secchi cipolletta fresca, viene poi incorporato alla pastella e fritto in abbondante olio caldo. Il baccalà verrà poi accompagnato da un’abbondante porzione di “pipi sicchi”, ovvero peperoni essiccati.
Esiste poi il “falsomagro”, piatto che sa predire la condizione di molti al termine delle festività. Si tratta di un grosso involtino realizzato con una fetta di carne di vitello e dalla sorprendente e varia farcitura: uova e prezzemolo, mortadella o prosciutto (a seconda della città), formaggi vari. Una volta arrotolata, verrà cotta su un letto di cipolle o cosparsa di sugo.
In provincia di Caltanissetta, “cenone natalizio” è sinonimo di “impanata”, piatto tipico dovuto alla passata dominazione spagnola. Mentre la ricetta tradizionale preparata in questa provincia prevede, per il ripieno, tocchetti di anguille in umido con broccoli “affucati” (cotti in cassaruola con tre bicchieri di vino rosso), quella natalizia preferisce filetti di baccalà infarinati, fritti e conditi con una salsina di pomodori salati, pepati e cosparsi di aglio, origano e olio. Attraversando la Sicilia l’impasto resta pressoché immutato ma cambiano i nomi e la farcitura: a Catania diviene la “scacciata”, piena di formaggio e prosciutto o broccoli e salsiccia mentre a Modica viene rinominata “pastizzu”.
Alla fine di questa carrellata di delizie, pensate un po’, rimane spazio persino per il dolce. Tra i tanti, ricordiamo le palermitane “sfinci di Natale” da aromatizzare a piacere con scorza di limone o cannella, friggere e immergere nello zucchero: secondo la tradizione, la suocera dovrebbe prepararle al genero.
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