Anche in Sicilia, regione baluardo della famiglia, calano le nascite. I motivi sono diversi, ma questa tendenza non sembra destinata a fermarsi.
Secondo il rapporto Istat pubblicato di recente le nascite sono calate del 21% in Italia negli ultimi dieci anni. Naturalmente la Sicilia non è esclusa da questo processo: la diminuzione nell’isola è di 8mila nascite, il 16%. Tuttavia la differenza sta nel fatto che il resto del Paese dovrebbe avere una ripresa entro i prossimi 20 anni, mentre in Sicilia i dati non sembrano altrettanto “confortanti”.
La stima è di 12 ottantenni per neonato nell’arco di dieci anni – cioè meno di 40mila nascite annuali – destinate a diventare 35mila nel 2038. Il numero di figli per donna in Sicilia è di 1,35 per le residenti, paradossalmente uno dei dati più alti tra le regioni italiane, per quanto significativamente basso.
Tra le cause principali di questa diminuzione ci sono sicuramente le tante incertezze che si pongono nella vita odierna davanti ai futuri genitori: a livello lavorativo, politico-sociale e psicologico. Una delle principali paure quotidiane è infatti quella della perdita del lavoro, che ha il suo culmine nel precariato, grande piaga del sistema lavorativo. I giovani non riescono a trovare lavoro o si trovano in condizioni che non rendono possibile la formazione e il successivo mantenimento di una propria famiglia. La Sicilia ha uno dei tassi più alti per la disoccupazione giovanile, il 40%, e ed è al 29% quello della disoccupazione femminile.
Tuttavia non naviga in acque migliori chi ha un lavoro: “per molte donne è difficile il rientro in carriera dopo una gravidanza, soprattutto se vivono una condizione di precariato che da minori garanzie” secondo quanto dichiara la responsabile del coordinamento donne della Cgil Palermo. Quindi sarebbe elevato il numero di giovani donne che rinuncerebbe ad avere una famiglia per evitare ripercussioni nel proprio lavoro. L’Osservatorio nazionale mobbing ha rilevato che 4 madri su 10 sono costrette a dare le dimissioni per effetto di “mobbing post partum” soprattutto nelle regioni meridionali. Il campanello di allarme può essere riscontrato già ai colloqui di lavoro quando a molte donne vengono poste domande sulla situazione familiare e sui programmi per la costruzione di una famiglia in futuro.
Ma il calo nascite non riguarda solo le incertezze lavorative: in Sicilia mancano le strutture e i servizi riservati alla prima infanzia. Si parla di solo un posto a fronte della richiesta di dieci bambini sotto i 3 anni per asili nido pubblici, mentre l’obiettivo previsto dalla legge – del 33% – è comunque molto minore visto il 23% nazionale. Inoltre in Sicilia è come se non esistesse il tempo pieno a scuola, problema evidente per i tanti genitori che lavorano: se infatti a Milano il 90% dei bambini segue il tempo pieno, a Palermo appena il 4,5% lo fa. I figli diventano quindi un lusso che non tutti possono permettersi.
Ulteriore aspetto da non sottovalutare è l’avanzamento dell’età in cui avere figli. In Sicilia l’età media delle madri al primo parto è di 30,9 anni rispetto ai 31,6 nazionali. Tuttavia il dato siciliano è diminuito dalle cittadine straniere, ma è fondamentale sottolineare il graduale invecchiamento della popolazione e la tendenza a diventare adulti più tardi: “Gli studi terminano più tardi, l’inserimento professionale arriva dopo, la creazione di una famiglia tarda e soltanto successivamente si può pensare ai figli”.
Le conseguenze di questo calo saranno evidenti nei prossimi anni con nursery ospedaliere e aule scolastiche vuote: già quest’anno sono 15mila in meno gli iscritti a scuola, di cui 4mila nelle scuole dell’infanzia. Si prospetta però un compenso: un aumento di domanda di centri per anziani e per i reparti di geriatria. Purtroppo la situazione non sembra affatto destinata a risolversi e si pensa a una futura Sicilia sempre meno giovane.
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