Cosa succederebbe se i personaggi famosi che abbiamo studiato tra i banchi di scuola vivessero al tempo di Instagram? Cosa avrebbe postato Dante e cosa Machiavelli? Che foto del profilo avrebbe usato Hegel e quali parole avrebbe accuratamente scelto Aristotele per acchiappare qualche follower in più? Ai puristi forse non piacerà l’idea, ma se andate su Instagram – provare per credere – potete già trovare profili irriverenti come quello di @alex_imanzo, @aristotele.real, @niccomacchia14, @giovannigiolittiofficial e @talete40.
Non si tratta di uno scherzo né tanto meno di una bravata allo scopo di screditare o deridere i mostri sacri della storia, della filosofia e della letteratura, ma di una brillante iniziativa che ha già riscontrato grande approvazione, tra giovani e adulti, a livello nazionale. Stiamo parlando di un progetto tutto toscano messo a punto da DataLifeLab, un laboratorio congiunto di ricerca composto dalla startup innovativa Kinoa e dall’Università di Firenze che, nell’ambito del Forum studenti Firenze, svoltosi presso il liceo classico Galileo, ha lanciato una Social Challenge diventata virale.
La sfida ha coinvolto un centinaio di studenti degli istituti fiorentini e consisteva, in particolare, nell’ideare e animare i profili Instagram di ben quattordici personaggi studiati a scuola, da Aristotele e Talete, passando Dante, Petrarca e Machiavelli, fino ad arrivare a Lincoln e Giolitti. Lo scopo era quello di creare un profilo virtuale efficace che potesse rispecchiare il linguaggio e l’ipotetico comportamento social dei personaggi in questione. A spuntarla su tutti, alla fine, è stato Alessandro Manzoni (@alex_imanzo), account creato dagli studenti del liceo classico Galileo che hanno ottenuto il titolo di scuola più “social” di Firenze.
“È stato molto divertente — commenta Ester Macrì, Project Manager di Kinoa, ai microfoni di LiveUnict — Lo scopo era quello di far sentire i ragazzi più vicini alle cose che studiano. Il virtuale ha reso questi personaggi reali e quindi più vicini alla vita di tutti i giorni, come Machiavelli che mangia il panino nello stesso posto dove andiamo tutti. Si tratta per i ragazzi di poter usare il loro linguaggio nelle cose di scuola, un linguaggio che non deve essere necessariamente stupido o basso. Un modo per usare il loro schema interpretativo del mondo in un contesto scolastico”.
Al di là della sfida e dei toni leggeri e ironici che l’iniziativa ha assunto, infatti, quella ideata da DataLifeLab è stata un’occasione estremamente originale ed efficace per condurre un tipo di ricerca altamente formativa, per comprendere meglio il rapporto dei giovani con la tecnologia e, in particolare, con i social network. Un’occasione infine, per gli adulti, di avvicinarsi a un mondo che non padroneggiano e che, spesso e volentieri, denigrano perché troppo lontano da loro. Oggi più che mai ricerca significa azione e, soprattutto, partecipazione, e la sfida del laboratorio toscano ha centrato in pieno il punto.
“Quella al Galilei è solo l’ultima delle nostre ricerche. Abbiamo iniziato con uno studio sulle abitudini alimentari degli adolescenti in Toscana tramite i social e la cosa ha subito funzionato: i ragazzi stessi si sono fatti portavoce di questa ricerca, coinvolgendo compagni e amici — ci spiega Macrì — Sono seguite altre sperimentazioni e avendo spesso a che fare con i ragazzi, per via dell’alternanza scuola-lavoro, abbiamo notato passavano molto tempo su Instagram. Ci siamo incuriositi e abbiamo fatto dei focus group con loro per capire come lo utilizzavano. Da lì abbiamo coniugato la nostra ricerca con lo strumento Instagram e messo a punto questo nuovo metodo”.
Dopo una serie di sperimentazioni pratiche – come ad esempio in alcune scuole di Firenze dove è stato chiesto ai ragazzi di diventare gli influencer del loro istituto, creando dei profili attraverso i quali sponsorizzare la scuola e convincere i ragazzi delle medie a iscriversi alla loro scuola, o con alcuni ragazzi di origine cinese del Comune di Prato a cui si chiedeva aiuto per la creazione di centri di aggregazione – il laboratorio toscano ha avuto modo di testare la reale efficacia efficacia del metodo. E così, alla fine, ha deciso di provare a utilizzare Instagram anche a scopi didattici, per riavvicinare la scuola agli studenti attraverso un formato a loro familiare e sicuramente più stimolante di quello tradizionale.
“In questo modo si restituisce dignità anche ai social network — conclude la Project Manager — Attualmente c’è un grosso divario generazionale e, spesso, noi adulti vediamo questi strumenti come cose superficiali perché non li capiamo. Dovremmo invece mostrare interesse nei confronti degli strumenti che i più giovani utilizzano. Dire a un ragazzo che il suo tempo su Instagram non è solo tempo perso significa anche insegnargli a usare bene quello strumento. La scuola ha anche il compito di insegnare ai ragazzi un uso consapevole non solo dei social network ma anche della tecnologia in generale”.