Sottraendo dalla conta gli alunni stranieri, la popolazione scolastica italiana sarebbe diminuita.
È quanto emerso dagli ultimi dati pubblicati dal Ministero della Pubblica Istruzione, in concomitanza con l’inizio del nuovo anno scolastico. Un trend che si riscontra anche nelle regioni del nord Italia che da diversi anni sono caratterizzate da un incessante aumento di alunni e studenti, dunque di cattedre per gli insegnati precari o di ruolo.
Posti di lavoro che hanno permesso di trovare impiego ai tanti docenti meridionali ormai senza speranze di riuscire ad insegnare al Sud. Per il 2018/2019, l’annuale report del Miur riporta, un incremento di 30mila alunni e studenti figli di stranieri: in altre parole, grazie agli immigrati c’è stata una crescita del 4 per cento nelle scuole, cosa che dà una scudisciata alla situazione di stallo registrata qualche anno fa.
Se gli alunni stranieri “non fossero stati ammessi” nelle classi italiane, nelle regioni settentrionali le classi avrebbero perso ben 30mila unità, cosa che si sarebbe tradotta in un calo della popolazione scolastica pari all’1,1 per cento. Questo avrebbe conseguentemente comportato una diminuzione dei posti di lavoro per insegnanti e dirigenti scolastici, sia settentrionali che meridionali.
Anche nelle regioni del centro, escludendo gli alunni stranieri, sarebbe stata registrata una diminuzione della popolazione scolastica, in questo caso pari allo 0,8 per cento, con la sottrazione di 10mila ragazzi dalle aule. In generale, infatti, l’aumento di alunni e studenti stranieri nelle regioni centrali è del 2,6 per cento contro il 9 per cento delle regioni settentrionali.
In un momento politico-sociale come quello attuale, questi dati possono far riflettere su quanto le persone provenienti da altre nazioni del mondo possano essere per il Paese una risorsa e non una minaccia.
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