Torino, Tar dice no al numero chiuso: l’Università cancella il corso in Psicologia

Lo scorso 6 giugno il Tar del Lazio si era espresso in merito all’irregolarità del numero programmato per il corso. Adesso l’Ateneo ha deciso di chiudere il corso per protesta.

Si vedranno chiudere le porte in faccia tutti gli aspiranti psicologi torinesi che speravano di poter frequentare il corso di laurea triennale in Scienze e Tecniche Psicologiche dell’Università di Torino. In seguito alla recente sentenza del Tar del Lazio, che lo scorso 6 giugno si era espresso in merito all’illegittimità del numero chiuso proprio per il corso di Psicologia, l’Ateneo ha, dunque, deciso di sopprimerlo del tutto. Una vendetta, secondo i molti studenti insoddisfatti e delusi, una soluzione obbligata, invece, a detta del Rettore Gianmaria Ajani.

L’università di Torino”- ha dichiarato Ajani – “ha sempre creduto al numero aperto, ma in questo caso non ce l’abbiamo fatta: se apriamo a tutti un corso che in altri atenei è chiuso, finiamo travolti, arriveranno gli studenti di mezza Italia che non trovano collocazione”. A essere onesti, infatti, il rischio che molti studenti d’Italia possano confluire nel corso di Psicologia a Torino, tra i più antichi e ambiti, esiste. Se si considerano poi i continui tagli all’istruzione universitaria, che nel corso degli anni hanno impedito agli Atenei italiani di assumere nuove risorse, nonché di adeguare le strutture didattiche e i tirocini, si evince immediatamente che la questione non si presenta affatto di facile risoluzione.

Se secondo il Tar, infatti, il numero chiuso a Psicologia non sarebbe giustificato, non trattandosi, di fatto, di un corso di Alta Specializzazione con obbligo di tirocinio e laboratori (articolo 2 della legge 264 del ’99), l’Ateneo di Torino, che pure negli anni ha abolito molti numeri chiusi, sostiene di non essere in grado di accogliere adeguatamente il considerevole numero di studenti che ogni anno si presentano al test d’ammissione.

Il Rettore Ajani si rivolge, quindi, direttamente alle istituzioni politiche, chiedendo più chiarezza in merito. “Il Governo – afferma- deve dirci se il nostro Paese vuole più laureati o meno laureati. Al momento l’impressione è che dica di volerne di più, ma costringa gli atenei ad averne di meno”. E continua, parlando del futuro del corso in Psicologia, che potrebbe seriamente non ripartire a settembre: “O il Miur stanzierà nuove risorse oppure l’ultima possibilità per salvare il corso per il 2018-2019 è rappresentata dal Consiglio di Stato, cui l’Ateneo ha fatto ricorso con la speranza di ribaltare il verdetto del Tar e ristabilire il numero programmato”.

Il parere di Ajani e di molti altri rettori italiani, tuttavia, va del tutto in controtendenza con il giudizio di studenti. Una questione ancora del tutto aperta, che rischia di non trovare un’adeguata soluzione in tempi brevi.

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