Massimiliano Russo (al centro nella foto), regista laureatosi in Lettere moderne presso l'Ateneo catanese, si racconta e parla del suo primo lungometraggio "Transfert".
Quando si parla di film girati a Catania, spesso la mente del cinefilo medio pensa a opere di ambientazione storico-letteraria, come I Vicerè di Faenza, a commedie come La matassa, del duo Ficarra e Picone, o alla popolare serie tv Squadra Antimafia, le cui riprese negli anni si sono spesso tenute tra le strade della città etnea. Eppure, si sa, Catania è una città sempre pronta a stupire e tra le numerose troupe che hanno girato in città ce n’è una che ha scelto di portare ai piedi dell’Etna un genere insolito come il thriller psicologico; un film di sceneggiatura, di trama, un gioco di specchi o una sfida intellettuale.
Tutto questo è Transfert, film che è già stato presentato a fine novembre al Web Festival di Roma in anteprima nazionale, dove ha ottenuto un successo premiato al termine della proiezione con dieci minuti d’applausi, e che a breve uscirà in sala. La trama gira attorno a un giovane e inesperto psicanalista, Stefano Belfiore, che segue i suoi primi pazienti col supporto di un supervisore. Sviluppata attorno a una molteplicità di intrichi psicologici e colpi di scena, la pellicola mette in luce gli aspetti più problematici dell’inconscio dei suoi personaggi, sfruttando il meccanismo del transfert per focalizzarsi sulle sfaccettature complesse della pratica terapeutica. Per LiveUnict ne ha parlato Massimiliano Russo, ex studente catanese e giovane regista al suo primo lungometraggio.
Laureatosi a Catania in Lettere moderne, Russo ha poi proseguito gli studi alla Sapienza di Roma, specializzandosi in Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale per avvicinarsi maggiormente al mondo della cinematografia. Così ripensa agli anni passati tra i corridoi dei Benedettini: “Dell’ambiente accademico ricordo con piacere le persone che avevo accanto, gli amici, i colleghi. Avere delle belle persone attorno con cui condividere le giornate è una grande fortuna. Ricordo con piacere anche alcuni professori davvero in gamba, la loro professionalità, il lavoro di Officine culturali e la disponibilità del reparto presidenza. Devo ammettere però che l’università catanese, almeno ai miei tempi, aveva delle grosse lacune nell’aspetto organizzativo, era tutto molto confusionario a volte.”
Di Transfert si può parlare come d’un film indipendente, girato con un budget non elevato e che per la sua realizzazione ha inevitabilmente chiesto ai partecipanti degli sforzi maggiori. Al lavoro di regista, Massimiliano ha sommato quello di attore, produttore e co-direttore del montaggio, ma la fatica, a suo dire, non è stata un problema.
“Chiaramente quando si è in pochi a fare il lavoro di molti i tempi di produzione si allungano. – ci spiega – Però non è necessariamente un male, i film così prodotti sembrano avere un’anima diversa, un’impronta più personale, più solida. È un modo di lavorare estenuante ma che alle lunghe credo ripaghi (vedi Woody Allen, il primo Nolan, Dolan, Iñàrritu ecc..). E poi sia i ragazzi dal cast che quelli della crew mi hanno dato una grossa mano, è sempre un lavoro di squadra.”
Entrando più all’interno del film, bisogna innanzitutto partire dal titolo, che è anche un chiaro riferimento alla psicanalisi. Così lo definisce il regista:
“Il transfert è un meccanismo mentale per il quale un individuo tende a spostare schemi di sentimenti, emozioni e pensieri da una relazione significante passata a una persona coinvolta in una relazione interpersonale attuale (come per esempio il proprio terapeuta durante una seduta psicoanalitica). Nel film questo meccanismo è trattato e rappresentato in una maniera molto particolare.” Parlando dell’idea alla base del suo soggetto, aggiunge in seguito: “Ho diversi amici che sono psicoterapeuti di professione, e li infastidisco spesso con domande sulla loro professione, la psicoterapia mi ha sempre affascinato molto, l’idea del film è nata da una chiacchierata con uno di loro.”
Il genere del thriller psicologico, accostato all’immaginario in cui è inquadrata Catania negli occhi dello spettatore medio, potrebbe apparire insolito. Diversamente la pensa Russo, il quale, a proposito dell’ambientazione, afferma con sicurezza: “È stata una scelta facile in realtà, né forzata, né ponderata. Credo sinceramente che Catania sia un ottimo set naturale per una moltitudine di generi cinematografici. Ed è stato molto interessante restituirne un’immagine atipica, innovativa, intrigante, grigia, cupa. Un’immagine che in molti non si aspetterebbero, ma Catania è molte cose, ed è anche questo.”
Finora Transfert ha vinto la sua scommessa, ricevendo un buon successo da parte della critica, come dimostrano gli otto premi ricevuti agli Oniros Film Awards di Aosta (fra cui miglior film, miglior sceneggiatura, miglior debutto alla regia e miglior attore protagonista), e la vittoria ai Gold Movie Awards, la cui cerimonia di premiazione si terrà al BAFTA di Londra l’anno prossimo. Il vero battesimo del fuoco, tuttavia, sarà quello del botteghino, quando il thriller di Russo dovrà confrontarsi con le aspettative del pubblico.
Interrogato su chi sia lo spettatore ideale per il suo film, il regista risponde: “Abbiamo sempre creduto che lo spettatore tipo di Transfert fosse proprio quello che legge riviste o giornali come il vostro. Uno studente universitario, in piena fase di crescita e ricerca, goloso di sfide intellettuali, ma ci siamo resi conto durante le proiezioni nei festival che il film riesce ad attrarre un pubblico molto vario senza vere distinzioni di età, di professione; Dai liceali ai pensionati. Non ci resta che aspettare il 13 aprile e sederci ancora una volta nelle accoglienti poltrone della sala cinematografica.”
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