Scienza e Salute

Chi dorme non piglia pesci? Non proprio: riposare aiuta la memoria, lo dimostra uno studio scientifico

Sforzarsi troppo per ricordare è alcune volte faticoso e non proprio efficiente. Secondo alcuni studi, meglio il riposo breve, che aiuta a recuperare le energie e migliora le nostre capacità di memoria.

Pensate di avere un esame domani e che non vi ricordiate nulla di quello che avete studiato. Se pensate che la soluzione per memorizzare tutto sia quella di studiare fino allo sfinimento, siete nella direzione sbagliata; tutto quello che dovete fare è dormire. Dormire, dormire e dormire vi aiuterà a ricordare tutto e a fare l’esame il giorno dopo.

Questo, succede solo nei vostri sogni. Sì, perché in realtà bisogna studiare, davvero. Proprio nello studiare, nel ripetere e nell’assimilare tutto quello che leggete o scrivete, la memoria è – ovviamente – di vitale importanza. Ma uno dei metodi per migliorare le proprie capacità mnemoniche è proprio quello di dormire; anzi, ancora meglio, riposare. Infatti, alcune ricerche ritengono che in questi casi il sonno non è indispensabile, ma basta anche rilassare la mente e riposare per 10 o 15 minuti, senza fare nulla.

Gli studi, come fa notare “BBC – Future“, garantiscono i risultati efficienti del riposare. Per chi è sano, i dati memorizzati aumentano dal 10% al 30%; per chi ha subito dei danni neurologici, i benefici aumentano in modo esponenziale.

Dei test hanno dimostrato questo potenziamento delle capacità mnemoniche nel caso di persone con dei deficit. Un esempio è sicuramente il test portato avanti da Sergio Della Sala (Università di Edimburgo, UK) e Nelson Cowan (Università di Missouri, Usa): hanno mostrato, innanzitutto, ai partecipanti, 15 parole; poi li hanno divisi in due gruppi: il primo ha continuato con il test, il secondo è stato mandato a riposare in una stanza buia. Dopo 10 minuti hanno proseguito con il test su cosa si ricordavano quelli dei due gruppi e le risposte hanno dato risultati notevoli: chi ha riposato è riuscito a triplicare il numero di parole ricordate, avvicinandosi agli standard di memoria di chi non ha alcun deficit neurologico. Da questo possono scaturire dei risvolti pratici, a sostegno di terapie neurologiche per i pazienti con danni cerebrali, soprattutto per chi ha difficoltà a ricordare un nome o persino il volto di una persona.

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Non serve per forza dormire, quindi, basta dunque riposare – possibilmente senza smartphone, dato che probabilmente è quello che al giorno ci tiene impegnati – senza fare nulla. In tale modo, durante il riposo, l’ippocampo (che si occupa di memorizzare i primi ricordi) comunica meglio con la corteccia, aumentando le connessioni neurali. In tal modo, il riposo giova anche a chi deve solo memorizzare i concetti appena appresi.