Siamo consapevoli di essere argilla nelle mani di un artigiano cinico e spietato dotato di intelligenza artificiale? Accettiamo le condizioni imposte dal mondo digitale pur di esserne cittadini a pieno titolo?
La risposta a queste domande è ben più complessa di quanto ci si potrebbe immaginare. I social network – Facebook, Instagram, Twitter e chi più ne ha più ne metta – hanno indubbiamente aperto le porte ad una nuova era. LiveUnict ha condotto un sondaggio su un campione di 113 studenti universitari, italiani e in maggioranza catanesi, che si sono confrontanti con le piattaforme social. Gli intervistati si dividono tra pendolari e studenti fuori sede, mentre una percentuale minore è residente a Catania.
Quale social network viene utilizzato più spesso? A dominare è Facebook (53%), seguito a ruota da Instagram (46%). Grande assente è Twitter, utilizzato da una ristrettissima fetta di intervistati. La presenza su Facebook è ormai qualcosa di indispensabile, o ci sei dentro o sei tagliato fuori da tutta una serie di interazioni sociali che formano parte integrante della quotidianità. Quasi la metà degli studenti, inoltre, dichiara di trascorrere sui social network tre o più ore al giorno. Prima di etichettare questo dato come rivelatore di “dipendenza cronica”, è necessario considerare che il 69% degli intervistati ritiene che Facebook sia un efficace mezzo di informazione, soprattutto universitaria, grazie a gruppi che permettono di essere sempre informati su qualsiasi notizia possa riguardare l’università (74%). Il social media dunque può essere uno strumento per agevolare la comunicazione tra studente ed università, tra studente e mondo che lo circonda. Un uso sapiente può trasformare Facebook da mostro fagocitante a risorsa utile, a fonte di informazione affidabile, ricchezza nelle mani dell’utente saggio.
Eppure non bisogna nascondere tra le luci di un eccessivo ottimismo le ombre di quella che certamente, a volte, diventa una vera e propria dipendenza. Quanto tempo il social network riesce a rubare alle giornate di studio degli universitari? C’è chi riesce a confinare la pausa studio ed il conseguente giro sui social a 5-10 minuti, c’è invece chi ne dedica “ahimè troppo”, chi preferisce rispondere con una sonora risata – di disperazione, presumibilmente – e chi sostiene di dedicarne più di quanto dovrebbe. C’è inoltre chi offre un consiglio agli studenti che rischiano di vedere fin troppo del proprio tempo buttato tra distrazioni da smartphone, raccontando che “per evitare il problema, periodicamente cancello le applicazioni dal cellulare. Una liberazione, è incredibile quanto tempo libero scopri di avere senza social!”
Qual è invece l’impatto che Instagram, seconda risorsa utilizzata, ha sugli studenti? Pinacoteca digitale di momenti di vita perfetta, Instagram è un’ arma a doppio taglio, un museo degli orrori che mi suggerisce quanto la mia vita sia scadente paragonata a quella dei fortunati utenti, cacciatori di like e cuori rossi. Ma come i vecchi proverbi – che quasi sempre ci azzeccano – suggeriscono, non è tutto oro ciò che luccica- E infatti dietro ad un profilo di immagini invidiabili frequentemente si sotterra un’insoddisfazione di fondo, una ricerca della felicità che si fa sempre più complessa ed introvabile.
È proprio questo quello che una grande maggioranza di studenti afferma: è vero che i social network possono far sentire meno soli, possono essere motivo di incontro sebbene virtuale tra amici lontani o compagni di vecchia data, “sono un motivo per restare in contatto con gli amici”, o ancora “è possibile incontrare persone simili a te, con i tuoi stessi interessi”, ma è anche vero che il mondo virtuale ha innescato la circolazione di nuove monete nascoste dietro parole come like o follower. Chi ne è povero tende a vedere la realtà sotto una prospettiva distorta, l’unica compagnia di chi soffre l’inferiorità da social network è, paradossalmente, la solitudine. “Il contatto con le persone non è reale. Vediamo i loro post, le loro foto, le commentiamo o gli mettiamo un like ma che valore ha tutto questo veramente? Ci avvicina l’un l’altro a livello umano, empatico? Si instaura tra noi un sentimento di solidarietà, di unione reale? Niente affatto.” I social “ti pongono in costante paragone con gli altri”, facciamo quindi, nostro malgrado, una perenne gara senza vedere ne sapere quale sia il traguardo, sempre che ce ne sia uno. È una corsa per cui vale la pena correre?
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