Sulla carta, doveva essere una delle edizioni più sciatte di sempre, con troppe figure stagionate, poco spazio agli ospiti internazionali e una conduzione sperimentale. Invece, Claudio Baglioni firma una della edizioni più seguite ed interessanti degli ultimi anni, dimostrando che affidare la direzione artistica di Sanremo ad un cantante è sempre una scelta audace ma efficace.
Quella appena conclusa è forse una delle poche edizioni del Festival di Sanremo in cui, fin dalla prima sera, si poteva azzardare un pronostico vincente: le due canzoni più attuali, “Non mi avete fatto niente” e “Una vita in vacanza”, chiudono davanti a tutte le altre; a spuntarla – e con grande differenza di televoto – è il messaggio di protesta della coppia Meta – Moro. Al terzo posto si piazza invece una buona Annalisa, il cui brano, sera dopo sera, è cresciuto sul piano dei consensi. Per tradizione, il podio contempla solo tre posti ma l’eterogenea distribuzione dei premi della critica – tra cui Vanoni, Gazzè, Ron, Lo Stato Sociale – ribadisce l’importanza del riascolto di tutte le canzoni in gara nel corso delle cinque serate e il merito, per molte di esse, di essere state saggiamente selezionate e presentate.
Se questa doveva essere l’edizione del ritorno dei veterani dell’Ariston, a spuntarla sono stati comunque tre giovani (ed un’anziana ballerina), forse anche grazie ad un sistema di votazione che è tornato a valorizzare le giurie più tecniche che popolari. Sul piano dell’organizzazione, Baglioni è riuscito a stupire di sera in sera: da un lato, il predomino della scena musicale con un ampio ripasso della propria gloriosa discografia, dall’altro una serie di insoliti duetti per ricordare le pietre miliari e ribadire l’immenso patrimonio artistico della canzone d’autore italiana. Finalmente tornata al centro del suo palco più prestigioso, la musica è stata protagonista di interessanti medley accompagnati da un’orchestra eccezionale, passata dalla barba di Vessicchio alla bacchetta di Geoff Westley.
Menzione a sé merita il capitolo conduzione: anche in questo caso, le cinque sere hanno restituito un connubio azzeccato tra televisione, teatro e musica – che tante perplessità aveva destato fin dall’insolita pubblicità con Favino, Baglioni e Hunziker intenti a dipingere archi tricolori – capace di tenere incollati, da martedì a sabato, oltre 10 milioni di italiani davanti lo schermo. Ci si può lamentare della poca incidenza – anche se è solo in apparenza – del direttore artistico sulla conduzione: ma anche in questo caso, la scelta si è rivelata oculata, demolendo il tradizionale ruolo di “spalla” e valorizzando i meriti e le esperienze dei presentatori designati. Così, Michelle Hunziker incanta con la propria bellezza televisiva e si mostra abile nel mediare su alcuni vuoti di trasmissione; mentre Pierfrancesco Favino indossa magistralmente i panni dell’artista a tutto tondo, da intrattenitore di cabaret a sopraffino attore, come dimostra l’emozionante e struggente monologo “La notte…“, a dipingere una delle pagine più intense e riflessive della storia dell’Ariston.
Interessante anche il contributo delle “Nuove proposte”, con il bizzarro ma meritato primo posto di Ultimo e le ottime impressioni sul futuro dei cantautori italiani lasciate da Mirkoeilcane. Tutto ciò ci ricorda che la musica intelligente, almeno tra i giovani, non è ancora definitivamente tramontata. Se bisogna trovare una pecca a quest’edizione, la si potrebbe individuare nella scomparsa della serata delle cover, comunque rimpiazzata dai tributi promossi da Baglioni e, formalmente, dagli omaggi alla canzone italiana di Sting, Shaggy e James Taylor, da cui forse era legittimo aspettarsi qualcosa in più. Pochi ospiti internazionali ma tanti tasselli a comporre il puzzle della storia musicale italiana, da Antonacci ai Negramaro, da Giorgia a Fiorella Mannoia, fino all’attesa Laura Pausini che, laringite a parte, si concede anche una performance conclusiva all’esterno del teatro, riprendendosi la rivincita “telefonica” con Fiorello, grande assente dell’ultima sera.
Tirando le somme, non è possibile non rivolgere un pensiero alla nostra amata Trinacria, degnamente rappresentata sul palco dalle presenze di Roy Paci e Mario Biondi – oltre alla giovane e promettente Alice Caioli – e artisticamente omaggiata dalla comicità di Fiorello, di Mago Forest, di Nino Frassica, insieme al sempreverde mito televisivo di Pippo Baudo, che di questa manifestazione (e di questa televisione) continua ad essere un punto di riferimento.
Le cinque serate dell’Ariston, anche quest’anno, sono terminate. Tra polemiche, indifferenza, opinioni social, ritornelli sotto la doccia, il tormentone e il protagonismo musicale del “dittatore artistico”, buona parte di noi è riuscita ad incollarsi (ancora una volta) al divano di casa, chi da solo, chi con amici, chi con parenti, rinnovando un appuntamento televisivo ormai tradizionale. Tra poco sarà già in cantiere l’edizione numero 69: e se i bookmakers smentiscono un Baglioni – bis, mai dire mai: perché Sanremo è Sanremo.
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