Pubblicato dal Miur l'elenco dipartimenti universitari d’eccellenza: tra i 180 selezionati solo due sono gli atenei siciliani. Catania si piazza al primo posto con Giurisprudenza.
La commissione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha pubblicato ieri l’elenco dei 180 dipartimenti di eccellenza assegnatari di finanziamenti per 1 miliardo e 300 milioni di euro per il quinquennio 2018-2022. La classifica, frutto di una ricerca condotta dall’ANVUR, è stata stilata sulla base dell’abilita di professori e ricercatori, esaminate dall’Agenzia Nazionale tramite l’Indicatore standardizzato di performance dipartimentale (ISPD) e la Valutazione della qualità della ricerca (Vqr).
Basta dare una rapida occhiata alla classifica per capire che, stando al giudizio della commissione, gli atenei siciliani non fanno bella figura. Se l’eccellenza universitaria (r)esiste ancora in Italia, di sicuro non si trova in Sicilia. Non in quantità almeno, come per molti altri atenei italiani, perché tra i 180 dipartimenti assegnatari del finanziamento sono solo due quelli che appartengono alla nostra Isola: Catania e Palermo per la sola facoltà di Giurisprudenza.
Ancora una volta l’ex facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo catanese che, già in passato, si è distinta più volte per la qualità della formazione offerta ai propri studenti, emerge tra l’apparente mediocrità generale del nostro territorio in ambito universitario. Con il massimo dei punti di ISPID (100 su 100) e un livello eccellente assegnato alla qualità della ricerca, il dipartimento si piazza in testa all’area della classifica dedicata alle Scienze Giuridiche. A seguire, al secondo posto e a cinque punti di distanza, figura l’altro ateneo siciliano classificato, quello di Palermo. Altre province ed ex facoltà restano escluse.
Al di là delle singole realtà, però, quello degli atenei isolani è un problema comune anche alla maggior parte degli atenei del Sud Italia, in netta minoranza numerica rispetto a quelli del Nord che, in classifica, risultano i maggiori assegnatari di finanziamenti. Facendo un rapido calcolo, infatti, tra tutti i dipartimenti premiati sono 106 quelli appartenenti al settentrione, 49 quelli del Centro e 25 quelli meridionali. Chiaramente, le polemiche sulla questione fioccano.
C’è chi critica la dura legge del merito, una corsa all’eccellenza che però in Italia – profondamente spaccata tra Nord e Sud – sembra essere insostenibile e rischia di minare l’equità e lo sviluppo già precari del Paese. L’obiettivo di questi finanziamenti, difatti, non è dare la possibilità ad un determinato ateneo di migliorare laddove vi siano carenze di vario genere, ma di premiare con l’assegnazione di fondi quegli atenei che possono impiegare meglio le risorse e ottenere maggiore visibilità. Il risultato, in questi casi, è che a farne le spese, quasi sempre, sono gli atenei del Sud.
Se è pur vero che quest’ultimo può essere uno stimolo per fare meglio, c’è anche chi contesta i complessi algoritmi tramite i quali viene effettuata la selezione. Formule incomprensibili e calcoli astrusi sarebbero alla base dei risultati di queste classifiche, talmente laboriosi da intaccare la trasparenza dei criteri di valutazione utilizzati. A ciò, si aggiungerebbe il fatto che tali criteri siano definiti ex post mentre, per legge, dovrebbero essere definiti ex ante.
Pare quindi che i toni entusiasti utilizzati qualche mese fa dalla ministra Valeria Fedeli, al momento della selezione degli atenei per l’attribuzione dei finanziamenti, non corrispondano esattamente alla realtà. “Il nostro sistema universitario può contare su importanti eccellenze – aveva dichiarato – valorizzarle significa fare un’operazione che guarda al futuro del Paese, delle giovani e dei giovani. Significa rendere il sistema più competitivo e in grado di confrontarsi al meglio nel panorama internazionale”.
Forse, però, per creare un sistema universitario che risulti davvero competitivo anche all’estero, equo e soprattutto in crescita, la strada è ancora lunga. Parallelamente alla valorizzazione delle eccellenze, se promossa nella maniera corretta, dovrebbero essere rafforzati anche gli atenei del meridione che, almeno in termini di qualità, non sembrano avere niente da invidiare a quelli del Nord.
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