La questione della fatturazione delle bollette con cadenza a 28 giorni, introdotta da molti operatori telefonici e compagnie di pay-tv, ha generato grande indignazione nei consumatori e nelle associazioni a sostegno di questi ultimi. L’illegittimità di tali modifiche contrattuali è stata riconosciuta anche dal Parlamento, il quale ha depositato in materia una proposta di legge. Intanto, ancor prima della nascita di una legge che blocchi questa cattiva pratica, alcune compagnie telefoniche hanno deciso di fare un passo indietro.
L’Unione nazionale Consumatori è prontamente intervenuta presentando un esposto all’Autorità delle Comunicazioni chiedendo di adottare una regolamentazione urgente che preveda, nel caso di offerte bundle (internet, telefono e pay tv), che la cadenza di rinnovo e fatturazione vada individuata nel mese, quale periodo temporale minimo, per consentire all’utente di avere una corretta e trasparente informazione sui consumi fatturati. L’Agcom si è così espressa per valutare la questione, affermando che: “oltre a rappresentare l’effetto di mercati concorrenziali altamente concentrati (i primi tre operatori gestiscono oltre l’80% della domanda di servizi di telefonia fissa e mobile), il fenomeno evidenzia problematiche in termini di non esaustività e scorrettezza delle informazioni, mancanza di trasparenza e asimmetria tra contraenti”.
Tali modifiche contrattuali sono state definite illegittime, non solo perchè hanno trasformato le mensilità da 12 a 13, comportando un aggravio delle tariffe in media dell’8,6%, ma anche perché sono state operate spesso senza il reale consenso dei consumatori, ai quali veniva tuttavia concesso il recesso del contratto entro 30 giorni dalla comunicazione. Nella realtà dei fatti, però, spesso il recesso del contratto veniva ostacolato dalla compagnia stessa. Questo è ad esempio il caso della Wind o di Sky Italia. Quest’ultima ha introdotto tale pratica solo da ottobre, ma l’Unione Nazionale Consumatori ha già richiesto l’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per valutarne il comportamento anche perché sarebbero state attuate pratiche volte a rendere difficoltoso il recesso di quei consumatori che hanno deciso di sciogliersi dal contratto una volta ricevuta la comunicazione della nuova periodicità della fatturazione.
Intanto la delibera dell’Agcom a favore della fatturazione mensile che prevedeva di essere integrata dalle compagnie nel mese di marzo, non ha avuto grande riscontro. Infatti, le aziende hanno continuato a fare quello che stavano facendo, incuranti di tale autorità. Così l’Agcom il 14 settembre ha comunicato di aver avviato “procedimenti sanzionatori nei confronti degli operatori telefonici Tim, Wind Tre, Vodafone e Fastweb per il mancato rispetto delle disposizioni relative alla cadenza delle fatturazioni e dei rinnovi delle offerte di comunicazioni elettroniche.“ Inoltre allo stesso tempo anche le istituzioni politiche si sono mobilitate: l’onorevole Morani, il 12 ottobre ha mantenuto la promessa di depositare una proposta di legge che prevede l’obbligo della fatturazione dei servizi su base mensile, un irrobustimento dei poteri di vigilanza delle Authority, un aumento delle sanzioni comminabili da queste ultime e, udite udite, la restituzione delle somme indebitamente percepite da parte degli operatori. Anche il Governo sembra aver preso in cura la questione.
In questo quadro complicato, si inserisce la mossa per certi versi scaltra della compagnia telefonica più importante in Italia. La Vodafone che entro il 2018 riuscirà a coprire l’80% della città di Milano con il 5G e l’intero territorio nazionale entro il 2019, per un investimento totale di circa 90 milioni di euro, ha deciso di fare un passo indietro. Secondo quanto affermato dall’AD, la società, modificando il sistema di fatturazione, si è mossa “legittimamente all’interno di un sistema di mercato liberalizzato, ma tuttavia, ci siamo resi conto che abbiamo sottovalutato un elemento importante che ci lega ai clienti, la trasparenza”.
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