Inizialmente distribuito per tre giorni, il primo lungometraggio della storia interamente dipinto ha richiamato oltre 130.000 spettatori nelle sale – neanche It, celebre nonché pauroso pagliaccio di Stephen King, è riuscito ad oscurare l’incredibile successo della produzione a tema van Gogh – divenendo così il film evento più visto di sempre in Italia.
Un’impresa titanica. Il primo film della storia interamente dipinto su tela, fotogramma per fotogramma. Si tratta di “Loving Vincent”, l’ultima produzione Nexo Digital che racconta la storia del tanto geniale quanto incompreso in vita, pittore olandese Vincent van Gogh.
Protagonista della mastodontica animazione è il giovane Armand Roulin, figlio di un dirigente postale della Francia del 1891, incaricato dal padre di recapitare una lettera a Theo van Gogh, fratello del celebre Vincent da poco suicidatosi (da qui il titolo della pellicola che ricorda la ricca corrispondenza tra i due, nella quale il pittore si firmava appunto “Loving Vincent”). Comincerà così il viaggio che andrà a toccare i luoghi e le persone ritratte dall’artista, che porterà Roulin sempre più vicino a Vincent, alla sua straordinaria produzione e alla sua tormentata vita.
Il film, che racconta postumi la vita e il dolore dell’artista olandese, non è certo il primo sulla sua figura. Ma allora, cosa ha attirato più di 130.000 persone nelle 283 sale aderenti all’evento – di cui tantissime sold out, motivo per cui è stata programmata una replica il 20 novembre (la lista sarà su disponibile su nexodigital.it) – realizzando un incasso superiore al milione di euro?
Sicuramente l’esperienza visiva eccezionale nata dall’interazione tra arte e tecnologia che emoziona come mai prima d’ora. La pellicola è stata infatti realizzata (con un budget di oltre 5 milioni e mezzo di dollari ottenuti grazie anche ad una campagna su Kickstarter) rielaborando oltre mille opere per un totale di 65.000 fotogrammi dipinti da 125 artisti provenienti da ogni parte del mondo. Alcuni quadri sono stati riadattati modificandone rapporti, aggiungendo parti, scambiando il giorno con la notte, le condizioni meteorologiche e le stagioni, il tutto per esigenze di copione. Loving Vincent riporta in vita opere come Caffè di notte, Notte stellata, Campo di grano con volo di corvi, ritratti e autoritratti dell’artista maledetto che di per sé ha un gran richiamo: l’esempio più lampante si ha con i suoi famosi Girasoli, una delle tele più celebri di van Gogh, che tra i dipinti forse è il meno sfruttato dal film, ma una volta inquadrato accende facilmente l’attenzione del pubblico.
L’intuizione fenomenale dei registi di Loving Vincent – Dorota Kobiela e Hugh Welchman – è stata poi quella di comprendere come il rebus dell’esistenza dell’artista tormentato potesse essere risolto solamente “vivendo” i suoi quadri.
Loving Vincent, già vincitore del premio del pubblico al Festival Annecy 2017, non è un riassunto noioso della vita di van Gogh bensì un viaggio atipico e spettacolare attraverso le opere del genio olandese che ha influenzato tutta l’arte del XX secolo e capace, oltre che di stupire, di insinuare nella testa del pubblico all’uscita della sala l’interrogativo – che trova tra l’altro riscontro nella biografia “The Life” uscita nel 2011 – “Vincent Van Gogh si è davvero ucciso?” .