Le molestie sessuali, verbali e non, che avvengono in strada sono più diffuse e gravi di quanto pensiamo. LiveUniCT ha dato voce ad alcune studenti per capire meglio qual è la situazione per le strade della nostra città.
“Hey bellissima, dove stai andando?”, “Ti posso dare un passaggio?”. A quale ragazza non è mai capitato di sentirsi rivolgere una di queste frasi camminando per strada? Di essere fermata, seguita, fissata? Se sei una donna, c’è il 99% di probabilità che tu sia stata molestata sessualmente in pubblico e il 20% di probabilità che tu abbia cominciato a sperimentarlo già dall’età di dodici anni. Nella nostra cultura, infatti, le molestie in strada sono assolutamente normalizzate e il più delle volte minimizzate.
Indipendentemente, però, dal fatto che sia una cosa considerata “normale”, è da sottolineare che si tratta di una pratica nient’affatto innocente e che va smantellata. Il sentimento di rabbia, umiliazione e paura provato da chi riceve questo tipo di molestie non è facile da spiegare, ma provate ad immaginare cosa significa sperimentare, giorno dopo giorno, la sensazione che il proprio corpo sia letteralmente di proprietà pubblica, libero di essere guardato, commentato, toccato a proprio piacimento.
Spiegarlo non è appunto facile. Renderlo evidente nemmeno. Una recentissima iniziativa che si è mossa in questa direzione è quella di una ventenne olandese, Noa Jansma, che ha deciso di postare sul suo profilo Instagram (Dearcatcallers) dei selfie con tutti coloro che la infastidivano per strada con frasi o gesti più o meno molesti, una trovata originale e d’impatto per far capire al mondo che una donna viene molestata per strada quasi quotidianamente. In un solo mese, infatti, Noa ha pubblicato ben ventiquattro foto, quasi una al giorno, e la sua iniziativa ha fatto il giro del mondo.
Ma si sa che le cose che non ci riguardano da vicino non ci interessano e, per questo, anche noi di LiveUnict abbiamo provato a fare un sondaggio sul nostro territorio, dando voce ad alcune studenti universitarie per capire qual è la situazione a Catania. D’altronde, in catanese certe espressioni rendono meglio! Quasi tutte le intervistate ci hanno confermato di ricevere costantemente occhiate, commenti, fischi e allusioni sessuali per strada e nessuna di loro ritiene di sentirsi totalmente libera di camminare da sola in città.
Al di là delle classiche frasi e commenti che si ricevono quotidianamente in giro e che non risparmiano nessuna – una tra tutte “Bella donzella, a voi ‘na puppetta?” se vi capita malauguratamente di passare per via Plebiscito – non sono mancati i racconti di alcuni casi più eclatanti che si sono verificati in pieno centro. Carmen P., ad esempio, ci racconta: “Durante il secondo anno di università, all’uscita del supermercato, un tizio ha iniziato a seguire me e la mia coinquilina fino a piazza Stesicoro chiedendoci di continuo dove stessimo andando. Ci siamo fermate a chiedere aiuto, ma inutilmente. Ho dovuto chiamare un amico che è venuto a prendermi”.
Un caso molto simile a quello di Giada S., studente del Dipartimento di Scienze biologiche, che qualche giorno fa si trovava in Corso Indipendenza per un lavoro di campionamento: “Stavo lavorando per la tesi ed era pieno giorno. Alcuni ragazzini su dei motorini hanno cominciato a seguirmi e a chiedermi, scherzando, se avessi bisogno di una mano. All’inizio non ho risposto ma quando ho capito che non avrebbero smesso e hanno cominciato ad avvicinarsi troppo, ho dovuto andarmene lasciando tutto lì. Hanno continuato a seguirmi fino alla macchina”.
Ci sono volte, poi, in cui si sfiora il reato ed è il caso di Rachele L. Se essere inseguita o infastidita per strada, infatti, è una delle cose capitatele più di frequente, un episodio tra tutti ci ha colpito: “Mi trovavo alla posta e a servirmi è stato un ragazzo sulla trentina. Chiaramente ho dovuto fornirgli i miei dati personali tra cui il mio numero di telefono. Qualche giorno dopo, lo stesso ragazzo mi ha contattata su Facebook e mi ha inviato un messaggio sul cellulare”. Un chiaro e lampante esempio di violazione della privacy, ma forse l’idea non ha nemmeno sfiorato il ragazzo che ha ritenuto il gesto assolutamente normale. Un’altra delle questioni menzionate da Rachele, poi, e che meriterebbe un discorso a parte, è quella degli autobus catanesi in cui “avviene un tipo di molestia atipica e spudorata che si vive tutti i giorni in tutti gli autobus o quasi”.
Si tratta, senza dubbio, di eventi parecchio gravi ma che, nonostante ciò, vengono spesso minimizzati e “giustificati” dai più che li ritengono dei gesti innocenti. Qualsiasi ragazza, nel corso della propria vita, si sarà sicuramente sentita dire frasi del tipo: “è una cosa normale, abituati”, “è una cosa innocente”, “è anche un po’ colpa tua che ti vesti in un certo modo”, “voleva essere un complimento, rilassati”.
Il problema è che non si tratta affatto di una cosa normale né tanto meno di un complimento, ma di palesi scuse che legittimano questi comportamenti e che dovremmo smettere di accettare. A tal proposito, Carmen ci dice: “Se sei una donna, capisci se si tratta di un complimento vero o di un apprezzamento fatto con presunzione ed è difficile spiegarlo a un ragazzo perché non c’è nulla di equivalente e, allo stesso tempo, di pratico che possa rendere l’idea. Non è lo stupratore seriale il problema, il problema è che tutti potrebbero essere dei potenziali stupratori”.
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