Lo studio è sicuramente, dato l’elevato carico di importanza ed aspettative, una delle attività in grado di procurare maggiore stress ai giovani. Dai banchi di scuola alle aule universitarie, la situazione emotiva dello studente cambia ben poco; tuttavia, uno studio condotto dalla rivista “Jama internal medicine” ha svelato come i più turbati emotivamente siano gli studenti di medicina, prima ancora della specializzazione e dell’esercizio della professione.
Il dato allarmante sulle condizioni emotive degli studenti di medicina è frutto di una costante ricerca, protrattasi in 43 nazioni dal 1982 al 2015: stando ai casi esaminati, sarebbero oltre 129 mila gli studenti di medicina che hanno manifestato depressione durante gli studi accademici. In rapporto a tutti i corsi di studio, il 27 % degli studenti patisce tali disturbi, mentre l’11% avrebbe persino pensato al suicidio. Tra i sintomi più accusati, oltre alla continua ansia, ci sarebbero anche crisi depressive, umore nero e stanchezza, causati principalmente dal pensiero di aver intrapreso una carriera troppo difficile o di non riuscire ad ottenere risultati soddisfacenti, considerando l’elevata competitività tra gli studenti e anche la difficoltà in sé del percorso di studio.
Gli esperti che hanno condotto la ricerca si dicono preoccupati, sia per l’elevato numero di casi accertati, sia per la relativa possibilità, a breve termine, di suicidio indotto dalla depressione. Questo malessere psicologico potrebbe anche avere effetti successivi e duraturi sulla salute dello studente, con importanti ricadute. C’è preoccupazione anche per lo scarso dato – appena il 16% – degli studenti che hanno denunciato spontaneamente le proprie condizioni, chiedendo un aiuto. Il problema non è certamente da sottovalutare e alcuni docenti provenienti dalle scuole di medicina di tutto il mondo hanno consigliato un alleggerimento complessivo dei programmi di studio e un ammorbidimento nei criteri di valutazione, sollecitando lo sviluppo di una ricerca volta sia alla prevenzione, con interventi e trattamenti specifici, sia all’analisi ancora più dettagliata del fenomeno, per accertare se la depressione continua anche nel periodo di specializzazione, a titolo ottenuto. Una prima possibile soluzione, secondo altri pareri, sarebbe anche consentire, senza blocchi preventivi, l’accesso ai servizi di salute mentale per gli interessati.
Il fenomeno del “burn – out”, ormai noto a livello mondiale e definibile come lo stress da prestazione medica, è stato collegato alla depressione degli anni accademici, perpetuatasi poi durante gli anni della specializzazione fino a quelli della professione vera e propria. In relazione a questo, l’Università di Manchester è tra i promotori di uno studio per contrastare il fenomeno, di cui i relativi portavoce hanno caldeggiato la proposta di una migliore organizzazione aziendale delle strutture ove lavorano i medici interessati, rispetto all’intervento sui singoli soggetti.
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