Quando si parla di lavoro ed assunzioni di neolaureati, in Italia, sembra di sfogliare un libro di favole; peccato che di favola non vi sia proprio niente ed il lieto fine è un autentico miraggio. Anzi, lo scenario è sempre più drammatico, come dimostra l’esperienza di Marco, laureatosi a pieni voti e costretto a trovare impiego a 1000 km da casa, in un settore non di sua pertinenza e anche oltre i confini del nostro Paese.
Marco Ferrara, 26 anni ed originario della Puglia, si è laureato in Agraria con punteggio massimo di 110 e lode, impreziosendo il proprio titolo con un master di specializzazione in Management dell’agroalimentare. Evidentemente, questo non è stato sufficiente per assicurargli una stabile occupazione lavorativa.
La ricerca di un lavoro è partita a dicembre del 2015 ma è stata una vera e propria caccia al tesoro: il giovane riferisce infatti di aver contatto circa 2500 aziende in quasi 6 mesi. E, come riportato sul Corriere del Mezzogiorno, la maggior parte di questa azienda non ha risposte alla candidatura di Marco, che alla fine ha sostenuto solo 7-8 colloqui. Il neolaureato ha ricevuto, però, solo proposte indecenti: lavoro garantito solo per 2 o 3 mesi, poi nessun contratto a tempo determinato o indeterminato.
Pur di non rimanere fermo e disoccupato, Marco si è messo in contatto con aziende straniere, ricevendo alcune offerte tra cui anche lavori notturni, con stipendi al di sotto dei 1000 euro mensili. Lo scorso anno, alla fine, ha deciso di accettare l’offerta di un’azienda di Bratislava nel ruolo di analista finanziario, che non ha nulla a che vedere con il proprio titolo accademico. Al momento, l’occupazione è abbastanza stabile ed i risultati lavorativi soddisfacenti, con uno stipendio che si aggira sui 1000 euro. Chiaramente è un percorso ancora tutto in salita, tra le difficoltà quella di mantenersi e di pagare affitti abbastanza costosi.
Nonostante la pessima esperienza, il ragazzo spera un giorno di poter tornare in Italia e trovare impiego nella vasta filiera agroalimentare, oltre a riavvicinarsi alla propria famiglia. La speranza è l’ultima a morire ma le garanzie per il futuro, almeno dalle nostre parti, sono sepolte già da tempo.
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