Sempre più giovani riescono a conseguire il titolo nel Bel Paese, ma, se al Nord e al Centro aumentano i laureati, il Sud langue e si allontana dal resto d’Italia.
Buone notizie arrivano dagli ultimi dati pubblicati dal ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il quale ha reso noto come il numero di laureati nel nostro Paese sia in continua crescita, raggiungendo gli oltre 305mila per il solo anno 2016. Si tratta di un discreto passo avanti, anche in previsione degli obiettivi fissati dalla Commissione Europea per il 2010, che riguardano proprio la necessità dell’Italia di incrementare il numero di possessori del titolo di studio tra i 30 e i 34 anni.
Il Bel Paese, infatti, registra un numero di laureati annui pari al 26,2%, trovandosi così all’ultimo posto della classifica dei Paesi europei, in coda persino alla Turchia, mentre Francia, Spagna e Grecia superano il 40% e la Germania il 33%. I Paesi Scandinavi, addirittura, appaiono quasi irraggiungibili con oltre il 50% dei laureati.
L’incremento dei nuovi dottori nel Paese si aggira intorno all’1%, vale a dire oltre 3mila laureati in più nell’ultimo anno. Questo aspetto, che si afferma in controtendenza rispetto al calo delle immatricolazioni degli anni precedenti, fa sperare che il sistema universitario italiano possa realmente diventare più efficiente e consentire l’uscita degli studenti in tempi più brevi.
A sorprendere, tuttavia, sono i dati che mostrerebbero un incremento eccezionale nelle regioni del centro Italia, le quali hanno soppiantato drasticamente gli atenei del Nord. Se le università settentrionali, infatti, hanno fatto registrare un aumento di neo-dottori di appena 218 unità, è, al contrario, il Centro a segnare il boom di laureati nell’anno 2016. Tra Lazio, Toscana, Umbria e Marche sono, infatti, quasi 4mila e 500 i laureati in più rispetto all’anno 2015.
La situazione resta preoccupante, però, per gli atenei del sud Italia, che, al contrario, sono sempre meno competitivi e attrattivi per i ragazzi, registrando un numero di laureati sempre più basso. Le università del Sud, in effetti, immetterebbero sul mercato del lavoro soltanto l’1,7% dei dottori, circa mille e cinquecento laureati appena. Complice di questi dati anche la volontà di molti ragazzi meridionali di emigrare al Nord. Sono in tanti, ogni anno, i giovani che scelgono gli atenei settentrionali e centrali per la propria formazione.
Questo aspetto non potrà che aggravarsi nel prossimo futuro, se gli atenei non cominceranno a considerare delle soluzioni efficienti e immediate, ledendo, di fatto, anche l’economia del Mezzogiorno e incrementando sempre di più lo strappo tra le regioni meridionali e quelle del Centro-Nord.
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