In un suo recente tweet, il Presidente del Consiglio dei ministri Paolo Gentiloni aveva esultato per il calo della disoccupazione, che secondo alcune ricerche statistiche pubblicate dall’Istat all’inizio del mese di aprile, riguardava anche la decrescita della disoccupazione giovanile. A meno di un mese di distanza, i dati diffusi dall’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro rivelano l’altra faccia della medaglia, che spiega meglio i fenomeni di migrazione interna ed esterna, riguardanti in primis il Mezzogiorno, Catania inclusa.
All’indomani della Festa dei Lavoratori, parlare dei numeri dell’occupazione è quasi d’obbligo, ma l’amarezza è forte: sono stati davvero pochi gli italiani che ieri hanno avuto motivo per festeggiare, forse i più hanno colto l’occasione della festa del Primo maggio per distrarre la mente dalla pessima situazione lavorativa in cui si ritrovano. Infatti il report realizzato dall’Osservatorio statistico dei consulenti del lavoro parla chiaro: a Catania a lavorare sono solo 4 persone su 10, in percentuale il 39,6% della popolazione attiva, una realtà che, pur inserendosi perfettamente nella media del tasso di occupazione riguardante le città del Mezzogiorno d’Italia, non deve potersi considerare rientrante nella normalità. Paragonando la situazione occupazionale della città etnea a quella di altre città siciliane, emerge che Catania fa meglio di Palermo, il cui tasso di occupazione è del 37,4%, più basso anche di quello di Agrigento (39,1%) e di Trapani (39,8%). A livello nazionale il fanalino di coda è Reggio Calabria, che conta solo 37,1% di abitanti che sono attualmente impiegati in un’attività lavorativa. La cifra che ha fatto guadagnare l’ultimo posto alla città calabrese non si allontana di molto da quelle che contraddistinguono le città siciliane: un segnale che la dice lunga sulla situazione del Meridione d’Italia e chiarisce in definitiva il fenomeno della fuga dal Sud.
Allora, per comprendere i dati Istat che presentavano una curva in crescita per l’occupazione italiana, bisogna necessariamente guardare alle cifre occupazionali raggiunte dalle città che si sono guadagnate i primi venti posti nella classifica dell’Osservatorio dei consulenti del lavoro. A tal proposito, la prima in classifica risulta essere la città di Bolzano, che regista un tasso di occupazione pari al 72,7%. Fanno bene anche Bologna (71,8%), Belluno e Modena (68,8%), Parma (68,7), Milano (68,4%), Lecco e Forlì- Cesena (68,3%), Reggio nell’Emilia (68,2%), Siena (67,9%), Cuneo e Pordenone (67,7), Firenze e Pisa (67,5%), Arezzo (67,4%) e Lodi (67%). Tra le città che si sono posizionate bene quella più a sud è L’Aquila, altro dato che dimostra che il fenomeno della disoccupazione colora di nero più della metà della penisola italiana.
La stessa ricerca mette in luce i dati sulle buste paga. Anche per questa classifica, i primi posizionati risultano essere i residenti della provincia di Bolzano, che percepiscono in media uno stipendio di 1.476 euro mensili, invece in coda c’è Ascoli Piceno, con soli 925 euro al mese. Non stupisce, sfortunatamente, che il sud neanche su questo fronte riesca a posizionarsi ai posti superiori della classifica.
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