Categorie: Scienza e Salute

Training autogeno tra gli universitari: come combattere ansia e stress

Combattere ansia e stress per alcuni studenti è estremamente difficile, soprattutto se in procinto di un esame che potrebbe cambiare la propria carriera universitaria.

Esistono diversi metodi motivazionali, che ovviamente hanno effetto su determinati tipi di studenti, mentre su altri si dimostrano inconcludenti. Il parere di alcuni psicologi ha portato a valutare l’efficacia anche nel mondo universitario (e quindi non più solo in ambito sportivo) del training autogeno. Si tratta di una tecnica di rilassamento, che, attraverso una serie di esercizi  di concentrazione che si focalizzano sui vari sistemi organici (muscolatura, sistema cardiovascolare e neurovegetativo e apparato respiratorio) apporta delle modificazioni psicofisiche esattamente opposte a quelle prodotte dallo stress. Esistono studi in merito dal ‘900, secolo in cui lo psichiatra tedesco Schultz diede vita al TA, fino ad ora. Occorre inoltre e in primis, sottolineare che la pratica necessita di una attenta guida di esperti.

Il training autogeno richiede di seguire tanti passi che nella quotidianità, per motivi di tempo, non si prospetta facile mettere in atto. Infatti, intervistando una varietà di studenti, appartenenti a facoltà diverse, si desume che tale metodo risulta conosciuto in larga percentuale e da alcuni anche applicato nei suoi aspetti più pratici (si opta sostanzialmente per versioni più sbrigative). Sono soprattutto studenti di sesso maschile ad esserne a conoscenza, data la larga applicabilità di questa pratica nel mondo dello sport. Ne saprà qualcosa chi ha letto “Relentless: From Good to Great to Unstoppable” di Tim S. Grover, trainer di grandi campione del pari di Michael Jordan, che spiega come diventare inarrestabili controllando ansia e stress. In proposito, significativa è l’affermazione di Grover, secondo cui  i grandissimi campioni raggiungono la calma totale e la concentrazione massima entrando in un “luogo” della mente, chiamato “Zone”, che costituisce una connessione con quello che definisce il lato oscuro che ognuno di noi possiede. Quindi, anche secondo Grover, la resa, la prestazione di chiunque sia sottoposto a stress, dipende da uno stretto contatto con la psiche.

L’estensione di pratiche sportive per ottenere successo nel mondo universitario è dovuta al fatto che gli sforzi richiesti in entrambi i campi necessitano di un forte supporto motivazionale e psicofisiologico. Gli studenti, definiti “emotivi”, hanno poi bisogno di mezzi di autocontrollo in più. Tecniche come il training autogeno diventano utili nel momento in cui permettono di controllare le funzioni del nostro organismo. Controllare il corpo, significa controllare anche cervello e psiche (ovviamente entro i limiti a noi possibili). Il TA deve essere insegnato e controllato solo da operatori qualificati con una specifica formazione in materia, altrimenti si potrebbe assistere anche ad effetti contrari, quindi ovviamente sono totalmente sconsigliate le pratiche “fai da te”, a motivo degli effetti che questa tecnica produce sulla psiche. Valuteranno quindi gli esperti(medico, psicologo specializzato) l’effettiva applicabilita’ del metodo, tenendo conto delle indicazioni, controindicazioni e precauzioni del caso.

E’ interessante, infine, aggiungere che un gruppo di ricercatori della Stanford University ha da poco scoperto che è un piccolo gruppo di neuroni nel tronco cerebrale a regolare i rapporti fra la respirazione e le attività cerebrali superiori, connesse a uno stato di calma oppure di agitazione. Il rapporto tra respiro e cervello determina dunque il nostro stato di ansia. Ulteriore conferma dei benefici che apportano esercizi di respirazione, come quelli contemplati nella “meditazione” o in pratiche come il training autogeno.

Marta Principato

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