Oggi ricorre la commemorazione dei 335 civili e militari fucilati a Roma il 24 marzo del 1944, tra questi cinque erano di origine catanese.
Lโeccidio delle Fosse Ardeatine, compiuto dalle truppe tedesche in seguito a un attacco partigiano dei membri dei GAP romani contro le truppe germaniche in cui persero la vita 33 militari tedeschi, causรฒ la fucilazione di 335 civili e tra questi persero la vita quattordici siciliani, di cui cinque di origini catanesi.
Il numero delle vittime venne stabilito secondo la legge della decimazione, infatti i tedeschi per rispondere allโuccisione dei loro 32 uomini, vittime dellโesplosione causata dallโordigno acceso da Paolo Bentivegna, studente di Medicina, presero 320 italiani prigionieri delle carceri romani ai quali ne aggiunsero altri 15 per lโuccisione, nella notte successiva, di un altro tedesco. Secondo la loro legge, le vittime da aggiungere dovevano essere solo 10, ma lo sbaglio e la scelta dei cinque uomini piรน comportรฒ la loro uccisione insieme agli altri prigionieri. Le vittime vennero ulteriormente oltraggiate con lโesplosione di numerose mine al fine di distruggere il luogo del massacro e creare maggiori difficoltร nella scoperta dellโevento tragico.
Si tratta di uno degli avvenimenti piรน cruenti della Resistenza italiana e alcuni dei 335 nomi continuano a essere avvolti dal velo dellโoblio, invece di ricevere la giusta commemorazione e saldarsi nella mente delle nuove generazioni, come esempi di valore e difesa della Patria.
Tra i siciliani che persero la vita vi furono: Artale Vito (Palermo), Avolio Carlo (Siracusa), Butera Gaetano (Riesi), Buttice Leonardo (Agrigento), Giordano Calcedonio (Palermo), Rampolla Giovanni (Messina), Rindone Nunzio (Leonforte), Zicconi Raffaele (Sommatino) e Lungaro Pietro Ermelindo (Trapani), a questi si aggiungono i cinque catanesi.
Tre delle vittime della cittร etnea erano residenti della provincia: Sebastiano Ialuna (Mineo), Santo Morgano (Militello) e Rosario Pitrelli (Caltagirone), mentre lโamministratore teatrale Cosimo DโAmico e Ferdinando Agnini erano residenti della cittร .
Questโultimo era uno studente di Medicina di soli ventโanni e si occupava della stampa di โLa nostra lottaโ, giornale clandestino che lo portรฒ ad avere contatti con gli operai del quartiere Montesacro. Le spie fasciste risalirono al suo nome e un mese prima dallโeccidio venne portato in commissariato e perquisito. Il ritrovamento di dati per il giornale e la sua non collaborazione determinarono il suo arresto. Invano fu il tentativo, grazie allโaiuto di un agente di polizia, di far recapitare un messaggio al padre Gaetano, giornalista, nel quale chiedeva di avvertire gli amici affinchรฉ si mettessero in salvo. Le truppe tedesche imprigionarono anche il padre, ma Ferdinando Agnigni non rivelรฒ mai, durante i 12 interrogatori, i nomi dei suoi compagni.
Agnini per il suo coraggio ricevette la medaglia al valor militare, lโintitolazione di una strada del centro di Catania e la laurea honoris causa in Medicina.