Secondo dei dati statistici rivelati dall’Udir, ha rivelato un fenomeno tutto italiano: ben 610mila su poco più di 750mila insegnati sono donne.
In Italia, la scuola è fatta in prevalenza dalle donne. A dirlo sono i dati, secondo i quali l’82% degli insegnanti appartengono infatti al genere femminile, mentre tra i dirigenti scolastici 6 su 10 sono donne. Questa supremazia femminile nell’ambito scolastico è un fenomeno diffuso, ma solo in Italia vede delle cifre così elevate, visto che in paesi come la Spagna la percentuale si ferma al 63%.
Certamente, la percentuale della presenza di donne varia e dipende molto dal tipo e grado di scuola. Nelle scuole dell’infanzia, per esempio le maestre coprono addirittura il 99,3% dell’organico, mentre nella scuola primaria le donne ricoprono il 96%, quota che scende al 65% per le scuole superiori.
L’alto numero di donne insegnanti è imputabile a diversi fattori, alcuni di carattere sociologico, legati alla propensione maggiore nel genere femminile per l’insegnamento e nella presenza di qualità come la pazienza e la comprensione, che rendono la donna più adatta a lavorare nel settore, soprattutto tra i bambini. Altri fattori sono di carattere economico, come lo stipendio ridotto dei nostri insegnanti, che scende ulteriormente del 7% nel caso delle donne.Oggi una docente neo-assunta, senza precariato, guadagna e rimane ferma a 1.200 euro al mese per quasi 10 anni. Oltre ai dei salari ridotti rispetto alla media degli altri paesi, non esistono tutele vere per le insegnanti, le quali devono sottostare ad una lunga attesa per essere immesse in ruolo (in prevalenza attorno ai 40 anni, con diversi casi anche dopo i 50 e in alcuni pure over 60).
Marcello Pacifico, segretario organizzativo della Confedir, in materia di precariato afferma che “le tutele per le donne lavoratrice negli ultimi anni si sono addirittura assottigliate. Basta soffermarci sui disagi che affronta una donna che oggi opera nella scuola:ogni anno almeno 80mila dei 100mila supplenti nominati sino all’estate dell’anno successivo sono donne, costrette alla precarietà malgrado vi siano i posti liberi per assumerle. Decine di migliaia, sono state costrette a cambiare provincia o regione.”
In generale, le donne lavoratrici laureate in Italia sono 3,5 milioni, mentre gli uomini si fermano a quota 2,9 milioni. Nonostante ciò, nella realtà spesso questo poco conta, oltre a i differenziali salariali tra uomo e donna (Donne più brillanti a scuola e all’università, ma discriminate sul lavoro: lo dimostrano i dati ), anche nell’ambito dei diritti e della disoccupazione, le donne sembrano uscirne sconfitte rispetto alla controparte maschile.
La realtà della donna nel mondo del lavoro rimane per certi versi ancora discriminata e non tutelata, o non in maniera adeguata perlomeno, e la dimostrazione è proprio quella della scuola, dove sempre più insegnanti sono costrette in virtù di ottenere un posto fisso a trasferirsi in altre regioni, mettendo a dura prova il loro legame con la famiglia.