Giorno 2 gennaio la Corte di Cassazione ha condannato un preside che aveva rimproverato un insegnante davanti agli alunni. La motivazione infatti consiste nel fatto che i rimproveri davanti alla classe costituiscono un’ingiuria nei confronti dell’onore dell’insegnante e il preside, se deve far notare qualcosa di sbagliato, lo deve fare in sede privata.
Di fronte alla classe indisciplinata ed eccessivamente vivace, infatti, il preside Luigi B., sessantaduenne di una scuola di Massa, aveva apostrofato l’insegnante Paolo B. definendolo un incapace ed un incompetente. Nonostante il ricorso del preside che ha definito legittimi i suoi rimproveri, considerata la vivacità degli studenti, la Corte di Cassazione ha pertanto confermato la condanna espressa dalla sentenza n.2927/2009 imponendo anche il risarcimento dei danni morali arrecati al professore. Infatti, secondo la Cassazione, i rimproveri non riguardavano lo specifico operato del professore ma la sua sfera personale, e pertanto non erano legittimi. I magistrati di piazza Cavour dunque non hanno messo in discussione il rimprovero del preside ma i modi in cui questo è stato fatto.
Il professore rappresenta un pubblico ufficiale e come tale non deve essere schernito o oggetto di insulti, né da parte degli alunni né da parte dei suoi superiori. A definirlo tale è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n.15367/2014, con la quale ha affermato che pronunciare parole offensive contro un professore nell’esercizio delle sue funzioni integra il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, disciplinato dall’art. 341 bis codice penale e punito con la reclusione, invece che quello di ingiuria, disciplinato dal successivo articolo 594 e punito con la sola sanzione pecuniaria. Nel caso oggetto della sentenza, un genitore, durante il colloquio con un insegnante della figlia, l’ha insultato. Davanti al Giudice di Pace di Cecina il genitore è stato prosciolto perché aveva proceduto a risarcire l’insegnante; tuttavia in seguito il procuratore generale di Firenze ha imposto la riapertura del caso, indicando l’integrazione del reato del genitore con l’oltraggio ad un pubblico ufficiale.
Si ricordi che il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, reintrodotto nell’ordinamento del 2009, consiste in un’azione offensiva dell’onore della vittima sulla base di determinati criteri: l’offesa deve avvenire in un luogo pubblico; deve avvenire alla presenza di più persone; deve avvenire a causa o nell’esercizio delle funzioni da parte della vittima. Il professore è dunque visto dalla legge come un pubblico ufficiale e l’esercizio delle sue funzioni si esplica non solo durante le lezioni ma anche nella fase preparatoria. In base alle recenti disposizioni della Corte di Cassazione, il reato è punibile con la reclusione fino ai tre anni.
Concludendo, è bene che non si sottovaluti l’attività dell’insegnante che, in quanto pubblico ufficiale, merita rispetto, come abbiamo visto, sia da parte dei genitori che da parte dei diretti superiori, altrimenti provvederà la giustizia.
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