Nel corso della prima (ma anche ultima) conferenza stampa annuale del nuovo governo nazionale, il premier Paolo Gentiloni ha annunciato modifiche, da attuare nell’imminente 2017, relative alla tanto discussa questione dei voucher, che coinvolge anche studenti impegnati nei lavori part – time.
I voucher, nella fattispecie, noti anche come “buoni lavoro”, rappresentano una forma di retribuzione per tutti quei lavoratori che svolgono attività lavorative saltuarie, non regolate da contratto; essi, acquistabili sia online, sia presso banche, edicole ed uffici postali, hanno ciascuno un valore di dieci euro, di cui 7.50 come compenso per un’ora di lavoro e 2.50 per assicurazioni varie. I voucher sono comparsi nel lontano 2003, con il decreto legislativo noto come “Legge Biagi” ma hanno subito numerose modifiche; tra le più significative, quella del 2008, durante il governo Prodi, che fissò a 5000 euro il massimo compenso annuale per ciascun lavoratore, dando la possibilità di usufrutto dei titoli solo a studenti e pensionati impegnati nelle attività agricole. L’ultima modifica, datata settembre 2016, rientra all’interno della riforma del lavoro “Jobs Act” del governo Renzi e stabilisce un compenso massimo fino a 7.000 euro, con l’obbligo dell’attivazione telematica (via SMS) del buono posseduto dal lavoratore. L’accusa principale rivolta a questo tipo di sistema lo reputa una ingegnosa trovata in grado di coprire il lavoro nero, nella misura in cui i committenti a capo delle aziende acquisterebbero voucher in massa per poi esibirli solo al momento di un’eventuale controllo finanziario a sorpresa.
Analizzando le statistiche, la diffusione dei voucher risulta in forte crescita; dal 2008 al 2015 sono 815.979 le aziende e famiglie che ne usufruiscono . Nel 2015, inoltre, sono stati riscossi 88 milioni di buoni, circa il 68% in più rispetto all’ anno precedente (calcolati nella fascia gennaio – settembre); nella stessa fascia, relativa però al 2016, ne sono stati venduti circa 121 milioni, con una crescita del dato del 35% in più rispetto al 2015 (fonte ANSA). Ulteriori statistiche precisano che i suddetti buoni rappresentino appena lo 0,23 % del costo totale del lavoro in Italia (ANSA); Scendendo più nel dettaglio, i dati rivelano che il settore che ne usufruisce maggiormente è quello alberghiero – turistico, con aziende che hanno bisogno di maggiori garanzie e flessibilità lavorativa a causa degli imprevisti vari possibili nelle stagioni turistiche.
La protesta dei sindacati si fa sentire, sopratutto da parte della CGIL, che vorrebbe l’abolizione dei medesimi buoni tramite referendum. Tuttavia, come annunciato dallo stesso primo ministro Gentiloni, sono previsti maggiori controlli con pesanti sanzioni economiche in caso di irregolarità nella gestione ma nell’idea del governo è anche previsto nuovamente l’abbassamento del limite di incasso per ciascun lavoratore.