“Le tante vite del libro”, al Taobuk con Di Mare gli intellettuali dibattono sul futuro dell’editoria

Le tante vite del libro. Sinergie e strategie per la promozione della lettura“, questa la delicata tematica che  gli ospiti hanno affrontato nel corso del primo incontro del calendario Taobuk, un animato dibattito sapientemente moderato dal giornalista Franco Di Mare.

Alcuni tra i maggiori esponenti del mondo dell’editoria e del libro come Stefano Mauri, Maurizio Molinari, Romano Montroni e Mario Malocchi hanno cercato di identificare e allo stesso tempo districare le problematiche che oggi ammorbano il mercato del libro, la sua ricezione e i suoi fruitori.

La digitalizzazione che oggi ha rivoluzionato ogni aspetto della nostra vita quotidiana e di conseguenza anche quella culturale è stato il primo spunto di riflessione che Di Mare ha posto in tavola, sottolineando la condizione di stasi in cui oggi verte il mercato del libro cartaceo, schiacciato dall’avanzata dell’ebook.

Afferma Di Mare ha affermato che “in realtà il libro non è morto, mai come in questo momento il supporto cartaceo comincia ad essere rivalutato, in un’epoca in cui una bulimia di immagini, parole e informazioni scorrono rapide davanti ai nostri occhi per poi scomparire per sempre. Ecco perché è proprio l’inventore di internet Tim Lee a incoraggiare la gente a stampare il più possibile, affidare i propri ricordi alla carta, poiché i supporti digitali cambiano così velocemente da determinare l’impossibilità, dopo un determinato lasso di tempo, di leggere i file da essi contenuti”.

Tesi confermata dalle parole di Mauri: “In America l’ebook ha smesso di crescere nonostante i prezzi palesemente inferiori a quelli del suo concorrente cartaceo” e dalla riflessione di Molinari: “Scopro che la carta esiste, quasi cresce. Come direttore del mio giornale mi capita spesso di organizzare vari eventi culturali non solo a Torino ma anche nei piccolissimi paesi del nord-est a confine con la Svizzera, realtà singolari dove la conformazione del territorio o le esigenze della piccola comunità non collimano con l’utilizzo di apparecchi digitali. Qui la gente è ancora fortemente legata al quotidiano cartaceo, la stampa è ancora l’unico mezzo di informazione”.

Ecco, dunque, un esempio di come permanga un mercato tradizionale figlio del territorio, legato alle sue esigenze e alle sue abitudini radicate.

“Ma”- continua Magris – “questa non è l’unica parte di lettorato che resiste, ve n’è un’altra costituita soprattutto da giovani che vede nella carta un sinonimo di qualità e investe in essa”.

Questo scenario non può far altro che confermare quanto variegato e poco omogeneo sia il ventaglio di richieste del consumatore contemporaneo. Non ci troviamo più di fronte alla società massificata degli anni ’60, ma davanti ad una società in cui il consumatore è versatile, soggetto a cambiamenti d’idea e a esigenze diverse che lo portano a maturare diversi modi di approcciarsi all’informazione, talvolta veicolata dalla pagina stampata, talvolta dal mondo del web.

Quali sono quindi i pericoli di fronte a questo delicato equilibrio tra digitale e cartaceo? Si rischia di perdere la concezione del libro inteso come luogo sacro da abitare?

Malocchi sostiene la necessità primaria di soddisfare le nuove necessità del consumatore ma allo stesso tempo non svestire il mercato librario della sua missione culturale e, a questo proposito, Montroni rimarca la necessità di rieducare alla lettura partendo proprio dall’infanzia, dal terreno più fertile e dalla rivalutazione del mestiere del librario quale sapiente guida per il lettore.

Candida Mezzasalma

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