MUSICA – Gli Afterhours in concerto in Sicilia

La band milanese capitanata da Manuel Agnelli presenterà l’ultimo lavoro: “FOLFIRI O FOLFOX”.

Venerdì 12 agosto: è questo il giorno da segnare nel calendario. La prossima settimana infatti in questa data gli Afterhours faranno tappa in Sicilia. Dove? Beh, la location è di quelle mozzafiato: il Castello di Donnafugata, nel ragusano.

Il gruppo – attualmente formato da Manuel Agnelli, leader e voce del gruppo, Roberto Dell’Era (basso), Rodrigo D’Erasmo (violino), Fabio Rondanini (batteria), Xabier Iriondo e Stefano Pilia (chitarre) – dai primi di luglio sta girando in lungo e largo lo stivale regalando live degni di nota (come sempre) nei quali viene promosso l’ultimo disco della band: “FOLFIRI O FOLFOX“. Queste le parole del frontman sull’ultimo già citato lavoro:

Ho fatto di tutto nella mia vita per raggiungere una serenità che non mi appartiene ed evidentemente non mi apparterrà mai.

Gli ultimi quattro anni sono stati densi di cambiamenti a volte naturali e necessari, a volte laceranti.

Ho perso mio padre che era da poco ridiventato il mio migliore amico. L’ho perso dopo essere stato al suo fianco con tutta la mia famiglia e averne seguito da vicino il calvario.

Non ero abituato e non lo sono ancora ad un mondo senza di lui. Quando sono arrivato io, lui era già qua. L’universo e l’esistenza per me significavano la sua presenza.

Mi sono trovato improvvisamente in mezzo all’oceano, da solo, senza terra in vista. Definitivamente adulto.

La vita è cambiata, i valori sono cambiati, le cose che mi interessano sono cambiate.

Non ho capito subito come affrontare questa sorta di rivoluzione ma naturalmente vedere la morte ti fa venire voglia di vivere. Non è niente di nuovo, succede alla maggior parte di noi quando ci avviciniamo ai 50 anni, ma io sono più fortunato perché posso usare la musica per cercare di spiegare a me stesso come mi sento, reagire, buttare fuori le tossine, riconoscere l’energia e, soprattutto, non andare in panico.

Parlandone agli altri ho scoperto che nel gruppo stavamo passando tutti attraverso lo stesso sconvolgimento. Ognuno a modo suo, naturalmente, perché sono cose molto private.

Così eccolo qua un disco sulla morte e sulla vita, sulla malattia e sulla “cura”, sulle domande senza risposta, sull’egoismo che ci fa sopravvivere, sulla rabbia e sulla felicità, sulle chiusure di cerchi che ci permettono di aprirne altri.

Su tutto quello che era diventato scontato e che mi ha fatto bene riaffrontare per decidere che siamo qui per vivere, non solo per subire la vita.

Si chiama “FOLFIRI O FOLFOX”, come i due trattamenti chemioterapici ai quali mio padre si stava sottoponendo, ma suona come una filastrocca scema o come un titolo della Cramps Records.

È la storia di un bambino che non crede in Dio e, in un sogno, si fa promettere da suo padre che loro due non sarebbero mai morti.

Non ho mai avuto bisogno così tanto di scrivere e comporre un disco. Le fidanzate che ti mollano al confronto sono una gioia. Non ho mai sentito una complicità così profonda nel farlo con i miei compagni d’avventura e un senso così grande e preciso come musicista e narratore.

In fondo è questo che resta ad un gruppo di rock’n’roll. Non certo la rivoluzione, ma raccontare le cose che pochi raccontano, usando un linguaggio che gli altri non hanno il coraggio di usare.

Questa è la nostra celebrazione della vita, del passaggio di energia, di quello che siamo nel bene e nel male. È un porto, un punto di arrivo da dove ricomincia tutto.

Fino a che non mi arrenderò di nuovo, la sincerità la farà da padrone nella mia vita e credo anche in quella degli altri del gruppo.

Quello che valeva non vale più.

I compromessi più o meno necessari, più o meno grotteschi, quelli che fai per sentirti adulto o per farti accettare dagli altri, si sono sgretolati.

“Ero molto più vecchio allora, sono più giovane di così adesso” come dice Dylan.

Voglio fare tutto quello che posso per sparigliare le carte e cambiare l’idea di me. Soprattutto quella che ho io di me stesso.

Basta gabbie, basta regole. Non solo quelle apparenti, quelle del quotidiano, quelle del mio ambiente musicale.

Davanti alla grandezza degli eventi queste fanno davvero ridere. Ho fatto una scelta di libertà quando ho deciso da che parte volevo stare e mi sono ritrovato in mezzo ad una meschinità e ad un fascismo che non immaginavo.

Se c’è qualcosa che mi è morto dentro, definitivamente, sono queste sciocchezze.

Quelle che mi fanno davvero paura, quelle di cui voglio curarmi d’ora in poi, sono gabbie ben più pericolose. Quelle che non abbiamo il coraggio di aprire.

Voglio essere libero per poter dire come mio padre di non aver paura di morire, perché la vita, qualsiasi cosa significhi, l’ho vissuta perché lo volevo non perché dovevo.

Di questo parla il disco.

Voglio essere felice e non me ne frega più un cazzo se è la cosa più banale del mondo – Manuel Agnelli.

Direi che c’è ben poco da aggiungere… Ci vediamo venerdì al Castello di Donnafugata!

Edward Agrippino Margarone

Edward Agrippino Margarone nasce nell'estate di Italia '90. Cresce a Mineo dove due grandi passioni cominciano a stregarlo: la Musica e lo Sport (in particolare il calcio). In pianta stabile a Catania, il suo nome è sinonimo di concerto: se andate a un live, con ogni probabilità, lo trovate lì da qualche parte. Giornalista e laureato in Ingegneria delle Telecomunicazioni, coordina la redazione di LiveUnict.

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