«I suoi occhi azzurri – di Jean intendo – sognavano una donna che fosse come un fiume, un grande fiume languido e vertiginoso che andava a nutrire con le sue acque limpide il mare. Questo ho imparato da lui, e per me la donna è stata sempre il mare. Intendiamoci, non un mare delineato da un’elegante cornice dorata per fanatici del paesaggio, ma il mare segreto di vita, avventura magnifica o disperata, bara e culla, sibilla muta e risposta sicura; spazio immenso in cui misurare il nostro coraggio di individualisti incalliti, ladri al ricco e donatori al povero, tutti d’accordo su una precisa breve frase: “Sempre fuori da tutti i poteri costituiti”, soli, ma con l’orgoglio di sapere la rettitudine che soltanto nell’outsider alligna».
Sono queste le parole di Goliarda Sapienza all’inizio del suo romanzo “Io, Jean Gabin”. Sono pagine che si dispiegano come un viaggio a ritroso nei meandri della sua infanzia trascorsa nella città di Catania, precisamente in via Pistone 20. Non si tratta di una qualsiasi via della città etnea, ma di una delle vie che appartengono al doppio ventre della città. Fa parte del centro storico, ma più precisamente al quartiere di San Berillo che, come un borgo isolato, si sviluppa al centro della città. A pochi passi dagli archi della marina e dal porto, a pochi passi da Piazza Teatro e da via Etnea si nasconde il quartiere a luci rosse della metropoli etnea che, nonostante lo smembramento iniziato nel 1957, continua a custodire al suo interno uno spaccato della vita catanese che da sempre affascina.
Entrando nel quartiere ci si trova all’interno di una duplice anima: da un lato quella passionale, ma dall’altro quella della sofferenza. Si tratta, infatti, di un luogo fuori dai “poteri costituiti”, un luogo dove prostitute e trans, di qualsiasi età, diventano outsider solo nel momento in cui un estraneo entra nel loro mondo, oltrepassando la barriera invisibile che divide il quartiere dal resto della città e distruggendo l’equilibrio di un luogo non anarchico, ma che vive di bisogni diversi.
Goliarda Sapienza vi trascorse solo pochi anni della sua vita, ma mai l’avrebbe dimenticato. Ritorna nei suoi scritti, come lei ritorna nelle sue vie nel documentario “I Fantasmi di San Berillo”, per la regia di Edoardo Morabito. Sembrano realmente dei fantasmi gli uomini e le donne che vi si aggirano, oggi molti dei quali anche stranieri, fantasmi che vivono tra il reale e l’aleatorio. Ed è tra loro che, nella piazzetta Goliarda Sapienza, è stato piantato l’albero della Vita. Una vita che, attraverso un’altra opera della scrittrice catanese, viene raccontata come “un’arte della gioia”, quella stessa gioia che viene declinata in tutte le sfumature possibili dagli abitanti di San Berillo. È nella Catania a luci rosse che sono nascoste le storie di chi ha consacrato quei luoghi ad una vita lungo la strada, ma soprattutto ad una vita fatta di sofferenze, fatta di oggi senza la certezza di un domani.
C’è poco a San Berillo, rispetto al passato. Ci sono case, molte delle quali abbandonate. Ci sono tetti, alcuni ormai caduti su quei letti che per anni avevano custodito degli incontri.
Oggi, San Berillo è vittima dello sventramento, ma continua a conservare la sua anima. Non è Pigalle e nemmeno una delle strade-vetrine di Amsterdam, è San Berillo. È un quartiere immerso nel centro della città di Catania, ma lontano dalla sua vita frenetica. Ha subito degli interventi urbanistici, ma nonostante tutto continua a preservare la sua identità. Passeggiando vi si trovano prostitute e trans davanti alle porte delle case. Abitazioni che, spesso, si esauriscono in piccole stanze con il necessario per vivere e ospitare i propri clienti. Fuori da ogni porta c’è, tuttavia, qualcosa di nuovo e di diverso: la street art. Le pareti di molti edifici rivivono con nuovi volti. Dalla firma dei gemelli Gue nella piazzetta di Goliarda Sapienza, con una delle loro “Pupe”, ai volti di donne con e senza occhi dipinti
da Wonder. Sembrerebbe un “falso Modigliani”, eppure ci si ritrova all’interno di un’opera urbanistica realizzata da chi è cresciuto in quelle strade e lasciata in eredità non solo ai turisti curiosi, ma a chi vi giungerà per dimorarvi. Sono i suoi volti a diventare mimesi delle donne che passeggiano lungo quelle strade in attesa di qualcuno. Entrare in una casa significa entrare in una dimensione diversa da quella che si conosce. La casa di Franchina è una fotografia tra passato e presente. Un lettino all’ingresso seguito da un comodino con delle sigarette spente e un libro appena chiuso, due specchi e in fondo una stanza con un grande letto, delle foto del passato e un suo grande ritratto. Era giovane in quella foto, eppure ha saputo fermare il suo tempo e quello dei suoi vicini nel suo libro “Davanti alla porta”. Si tratta di una testimonianza della vita quotidiana nel “Borgo delle Belle”. I ricordi del suo passato confluiscono all’interno delle sue pagine che, come un fiume in piena, riescono a raccontare una vita vissuta pienamente, tra amori e sofferenze. Si tratta della sua vita e di chi ha incontrato per strada, colleghi o amanti. Il suo libro si prefigura come l’unico frutto dato alla luce da lei, come la testimonianza della geografia dei sentimenti e della trasformazione che subiscono.
Sono le storie di un quartiere vecchio come i sentimenti di una città e dei suoi abitanti.
Sono le storie dure come la lava, che le investe, e fragili come le onde del mare, che si infrangono su di esse non appena escono dal loro confine. A San Berillo, oggi, tutto è dedicato “A le belle che danno e cercano amore”, perché quello che si legge nelle loro pareti è una croce azzurra sormontata dalla scritta rossa “Questa è la bandiera all’amore” e allora non importa cosa accada dentro quelle case.
San Berillo ha bisogno solo di conservare la propria identità, contro ogni volere. Nessun edificio può continuare a crollare all’interno di quelle strade nelle quali Goliarda Sapienza è cresciuta, ha corso e si è allontanata per continuare a vivere.
San Berillo è stato uno dei quartieri a luci rosse più importanti nel Mediterraneo, un quartiere che ha ospitato artigiani, ma che è stato sventrato. Più di 30.000 abitanti sono stati allontanati e trasferiti in zone periferiche, eppure qualcuno vi è rimasto.
Entrare a San Berillo significa allontanarsi dal caos metropolitano e cadere nel caos del silenzio di una parte di città con luci rosse ad intermittenza e lavori artigianali andati perduti a favore dell’innovazione e del cambiamento. Oggi, chi vi abita prima ancora di svolgere un mestiere per scelta o obbligo, è un essere umano che ha bisogno di raccontare la propria storia.
La storia di questo quartiere, oggi, è possibile riviverla grazie al tour “San Berillo Catania Segreta” i cui promotori hanno come unico scopo quello di ricostruire la storia del quartiere e la sua identità, favorendone la fruizione ai cittadini di Catania e ai turisti.
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