Il 1856 fu l’anno di nascita di colei che divenne la prima donna fondatrice di un giornale e oggi 7 marzo sono trascorsi 160 anni. Stiamo parlando di Matilde Serao, che dalla Grecia mise piede in Italia per la prima volta nel 1860, a soli ventiquattro anni, per conseguire il diploma di insegnante a Napoli e iniziare la sua attività presso i telegrafi di Stato. Ma a differenza di tante sue coetanee del tempo, Matilde non si fermò qui: prendendo spunto dal padre, di origini napoletane e di impronta spiccatamente liberale, iniziò a collaborare con alcuni giornali locali con lo pseudonimo di “Tuffolina”, coltivando parallelamente l’arte della scrittura, che culminò nella stesura della sua prima novella dal titolo “Opale”, che inviò al Corriere del Mattino.
Mossa dal desiderio di indipendenza, nel 1882 decise di lasciare la Campania per trasferirsi a Roma, dove si inserì nell’ambiente letterario dell’epoca ed ebbe la possibilità di conoscere personalità di spicco come Giovanni Verga, proseguendo le collaborazioni con numerosi giornali della capitale, come la Nuova Antologia. Tre anni dopo, nel 1885, sposò il giornalista Edoardo Scarfoglio, con cui condivideva anche la passione per la scrittura al punto tale che i due neo sposi decisero di fondare il Corriere di Roma. Dopo tre anni di piacevole quotidianità romana, i coniugi Scarfoglio rientrarono nel capoluogo campano, per diventare direttori del Corriere di Napoli, che nacque dalla fusione tra il giornale romano e quello napoletano. L’attività della Serao sembra abbracciare qualsiasi sfumatura e la sua intraprendenza la rende ancor più famosa grazie alla rubrica di critica mondana “Api, mosconi e vespe”.
A causa di un’incomprensione con Matteo Schilizzi, imprenditore toscano proprietario del Corriere del Mattino, nel 1892 Edoardo e Matilde approfittano della liquidazione ottenuta di ben 86 mila lira per investire in un nuovo progetto: Il Mattino.
Il matrimonio col giornalista non fu a lieto fine e, in seguito alla separazione nel 1902, Matilde continuò la sua attività giornalistica con Il Giorno. Nello stesso periodo un altro uomo arricchì le giornate della scrittrice, l’avvocato Giuseppe Natale, da cui non si separò più. Dagli articoli di giornalismo puro, di critica alla società del tempo, alla promozione del ruolo della donna, fino a veri e propri libri, che ricevettero il giusto credito, tra i quali “Vita e avventure di Riccardo Joanna”, edito nel 1887 e considerato “il romanzo del giornalismo”, “II Paese di cuccagna”, che ritrae in modo veritiero la bellezza e le contraddizioni di Napoli, pubblicato nel 1891, e il “Ventre di Napoli”, simbolo dell’amore che la Serao ha sempre nutrito nei confronti della città che l’ha vista crescere ed evolversi a 360 gradi.
Su quest’ultimo, riportiamo un breve commento della giornalista stessa, che ne spiega il divenire: “Questo libro è stato scritto in tre epoche diverse. La prima parte, nel 1884, quando in un paese lontano, mi giungeva da Napoli tutto il senso di orrore, di terrore, di pietà, per il flagello che l’attraversava, seminando il morbo e la morte […] La seconda parte, è scritta venti anni dopo, cioè solo due anni fa, e si riannoda alla prima, con un sentimento più tranquillo, ma, ahimè più sfiduciato, più scettico che un miglior avvenire sociale e civile, possa esser mai assicurato al popolo napoletano […]La terza parte è di ieri, è di oggi: né io debba chiarirla, poiché essa è come le altre: espressione di un cuore sincero […] espressione nostalgica e triste di un ideale di giustizia e di pietà, che discenda sovra il popolo napoletano e lo elevi o lo esalti!”.
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