UNIVERSITÀ – Ricercatori esclusi dall’indennità di disoccupazione, parte la protesta

2016 01 29 1424302016 01 29 142430Il mondo dell’università è  sempre al centro dell’attenzione pubblica. Spesso a causa di episodi non troppo felici, purtroppo. I protagonisti, questa volta, sono i ricercatori, che sono stati definiti “non lavoratori”.

La ricerca è un lavoro. L’origami un Hobby“. I ricercatori italiani alzano la voce. Il Dlgs 22 del 4 marzo 2015, infatti, uno dei decreti attuativi del Jobs Act ha introdotto una nuova forma di indennità di disoccupazione chiamata DIS-COLL, indirizzata a tutti i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, iscritti alla gestione separata presso l’Inps, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.

Con la DIS-COLL tutti i lavoratori precari riceveranno un sostegno al loro reddito. Tutti, eccetto i ricercatori. Assegnisti di ricerca, dottorandi e borsisti si sono infatti visti esclusi dal DIS-COLL.

La ragione? Perché, secondo il ministro del Lavoro Poletti, assegnisti di ricerca, dottorandi e ricercatori precari non sono lavoratori. A detta del ministro, infatti, i ricercatori non possono essere considerati in tutto e per tutto lavoratori dal momento che i loro contratti sono assimilabili a borse di studio e non danno diritto all’ingresso in ruolo.

I ricercatori, insomma, alzano la voce. L’ADI, (Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italiani) ha lanciato una petizione, consegnandola in maniera formale al Ministro del Lavoro. Dal suo canto l’AIRI ha lanciato una campagna di sensibilizzazione, invitando i ricercatori a usare l’# di riferimento “il mio lavoro non è un hobby”, “#dihobbynehoaltri e #lavoceAIRIcercatori”.

La petizione ha fatto il giro dei social con foto, commenti e racconti dei ricercatori, che descrivono le proprie giornate di lavoro in laboratorio, in classe e all’università.

Ancora, fa notare l’Associazione Dottorandi e Dottori di Ricerca Italianise tutti gli assegnisti, i dottorandi e i borsisti d’Italia smettessero di lavorare domani il nostro sistema universitario collasserebbe immediatamente, e si chiuderebbe di conseguenza ogni prospettiva di innovazione e sviluppo in questo Paese”.

 

Anna Fuoti

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Anna Fuoti

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