Chiara Cocchiara, a soli 28 anni e tre lauree specialistiche conseguite in Italia, Francia e Svezia, è stata l’unica europea che ha partecipato al programma “Mars Society” con l’obiettivo di simulare la presenza dell’uomo sul pianeta rosso.
“L’ uomo su Marte? Ci arriverà tra qualche decennio, ma io sono sicura che chi metterà per primo il piede sul pianeta rosso dev’essere già nato da qualche parte sulla Terra, ma non sappiamo chi sarà” , sostiene la giovane ingegnere di origine gelese.
La missione consisteva nel far vivere ai membri dell’equipaggio gli spazi angusti, l’aria rarefatta e i possibili problemi che potrebbero verificarsi durante una vera e propria missione sul pianeta rosso. Per simulare l’aria rarefatta a quattromila metri d’altezza nel deserto americano dello Utah, gli aspiranti astronauti hanno indossato delle particolari tute adatte a tale fine.
“L’esperienza è stata stupenda e ci piacerebbe ripeterla, ma abbiamo deciso di partecipare di nuovo solo se andiamo tutti insieme. Ritrovare un team equilibrato come questo non è facile quindi per ora è tutto in discussione con i miei colleghi”. Una sera l’equipaggio ha fatto un workshop di fluidodinamica, qualche volta si è dedicato allo studio della luna e delle stelle, ma Internet era bandito. “Questo – spiega Chiara Cocchiara – ci ha obbligati piacevolmente a non isolarci ognuno nel proprio mondo, ma a stare insieme. Mi sono resa conto di quanto tempo perdiamo con cellulari e computer invece di parlare con la gente”
Nonostante la vita all’interno del laboratorio sia bastantemente rigida, diventare astronauta è il sogno di Chiara. Già nel 2015 ha vinto un premio come “Innovators Under 35” sezione Italia, conferito dal Massachusetts Institute of Technology. Attualmente lavora a Darmstadt, in Germania, come ingegnere di sistema a Eumetsat, il centro di operazioni spaziali per satelliti meteorologici.
La missione umana su Marte è allo studio della Nasa e di altre agenzie spaziali. “Dovremo risolvere però numerosi problemi tecnici e logistici – conclude l’ingegnere Cocchiara – il viaggio dura non meno di sei mesi, quattro se si usano motori nucleari, ma è la presenza su Marte il rischio maggiore, dovuto ai raggi cosmici”.
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