UNICT – Progetta “occhi virtuali” per la figlia disabile: intervista al prof. Salfi

“Tra i poteri della mente umana è forse il più affascinante, ma anche uno dei meno conosciuti e compresi. È il lampo di intuizione, la ‘lampadina’ che si accende improvvisamente nel cervello, facendoci apparire di colpo la soluzione di un problema, il significato di un concetto complesso, il senso profondo di una situazione. Oggi, tuttavia, questo enigmatico spazio della mente che fino a poco tempo fa sembrava appannaggio esclusivo delle speculazioni di poeti e filosofi, è il protagonista di numerose ricerche scientifiche che cercano di chiarire le basi biologiche della creatività, si stanno faticosamente avvicinando anche ai segreti della fisiologia del colpo di genio”.

(Tratto da un articolo di  Claudio Di Giorgio per Repubblica)

Parlando di intuizioni geniali, anche se ribadisco che dietro ogni genio c’è sempre una formazione incredibilmente elevata alle spalle, abbiamo l’onore oggi di conoscere il prof. Massimiliano Salfi, docente di Informatica Musicale presso il Dipartimento di Matematica ed Informatica e di materie informatiche ed Informatica Medica, presso i Dipartimenti di Scienze Biomediche, Scienze Mediche e Pediatriche e Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Catania. Musicista, autore e compositore, ha fondato il progetto vEyes (virtual Eyes) il 20 giugno del 2012.  Al di là del curriculum da brivido, ci colpisce la sua gentilezza e immediata disponibilità, la grande sensibilità e il suo “insolito” modo di presentarsi: sono padre, alla faccia delle chilometriche liste di titoli accademici indecifrabili e facilmente dimenticabili che siamo abituati a ricevere quando domandiamo a qualche illustre con chi abbiamo il piacere di parlare. “Sono padre” non è soltanto una giustificazione, è un invito a una “missione” speciale che, evidentemente deve “gravare” (in ottica certamente positiva) su tutti i padri e sicuramente sul nostro caro prof. Salfi. Noi di Liveunict facciamo assolutamente il tifo per lui e per tutto il team che c’è dietro l’iniziativa vEyes. Ma, di cosa si tratta? Scopriamolo insieme. 

  1. Di cosa si occupa ?

Sono innanzitutto un padre, che si è trovato a dover gestire una condizione familiare difficile che vede la propria bimba dover fare i conti, fin dall’età di 8 anni (oggi 11), con una malattia complessa: una distrofia retinica degenerativa (la Retinite Pigmentosa “sale e pepe”) per la quale al momento non esiste una cura e che ha deciso di non arrendersi e di provare a combattere con tutti i mezzi a disposizione questa “brutta bestia”. Brutta bestia che si sospetta possa aver iniziato ad intaccare anche lo stato di salute dell’altra bimba di appena 6 anni. Ed in questa lotta, oltre a tutte le mie forze ed energie, ho messo in campo tutte le mie conoscenze tecniche e l’esperienza professionale nel campo informatico, elettronico e delle tecnologie assistite.

  1. Ci racconti la genesi di questi occhi virtuali .

Premetto che gli occhiali sono solo uno dei tanti progetti che portiamo avanti con i ragazzi che collaborano con me. Per chi è curioso, sul nostro sito www.veyes.it può trovare i dettagli anche sulle altre attività scientifiche e sociali. Dopo la diagnosi, poco più di tre anni fa, decisi di assegnare tesi di laurea, a studenti che me ne facessero richiesta, con la finalità di realizzare ausili tecnologici, ovvero soluzioni basate su dispositivi mobili (smartphone e tablet) tali da supportare un disabile visivo nelle azioni quotidiane.

L’idea ebbe parecchio successo tra i ragazzi, al punto che molti di loro anche dopo aver discusso la tesi, continuavano a chiedermi di lavorare ad altro, nel contesto del progetto al quale, nel frattempo, avevo dato nome vEyes (virtual Eyes, ovvero occhi virtuali). Decisi intanto di strutturare i lavori all’interno di una ONLUS omonima, in modo da mantenere no profit quanto realizzato. Inoltre, avere a disposizione un “portfolio” di app e di dispositivi, ciascuno con una finalità diversa, ma con l’obiettivo comune di rendere agevole il quotidiano di non vedenti (o ipovedenti gravi), mi fece interrogare su come un non vedente potesse portarsi tutto dentro in modo agevole. Nacque così l’idea di realizzare una “piattaforma indossabile”, oggi chiamata vEyes Wear, basata su occhiali e cintura, dove poter alloggiare il tutto avendolo sempre a disposizione, quando necessario.

 

  1. In modo sintetico e immediato (insomma per i non addetti ai lavori!) ci illustri le modalità di funzionamento di questi occhiali.

Negli occhiali è alloggiata una cam ad alta definizione, nelle cui stanghette sono montati dei sensori vibro (come quelli che fanno vibrare uno smartphone quando occorre dare una notifica) e degli auricolari bluetooth a conduzione ossea. Il tutto è connesso ad una cintura dove sono alloggiati altri sensori, oltre all’elettronica di uno smartphone Android. Su questo sistema si possono aggiungere o togliere “mattoncini” (mi diverte chiamarli in questo modo, per rifarmi ai Lego, tanto amati dai miei figli) dove ogni mattoncino altro non è che un ausilio tecnologico per non vedenti.

Ne abbiamo già realizzati alcuni: uno che permette di riconoscere ed aver pronunciato con la sintesi vocale, il colore dell’oggetto inquadrato dalla cam degli occhiali, un altro che permette di leggere, sempre con la sintesi vocale, del testo inquadrato dalla cam, un altro ancora che, attraverso l’uso di una depth camera (ovvero una speciale cam che riesce a determinare la distanza di ogni singola parte della scena visiva inquadrata) permette di segnalare con la vibrazione delle stanghette degli occhiali, la presenza di ostacoli, affinché il non vedente possa evitarli (per ostacolo si intende anche una buca o uno scalino, o ancora una trave ad altezza uomo). Questo sistema, di recente, è rientrato tra i 10 vincitori (su 428 progetti partecipanti) al “think for social” indetto da Fondazione Vodafone Italia e PoliHub, l’incubatore del Politecnico di Milano. Grazie al grant vinto, stiamo realizzando la seconda release, curando maggiormente l’indossabilità e realizzando nuovi mattoncini (tra i quali, giusto per citarne uno, un glucometro “parlante”, per non vedenti diabetici). Tengo a sottolineare che la piattaforma usa solo tecnologie open e verrà rilasciata con licenza open.

A breve, su di un sito dedicato quasi pronto, verranno pubblicate le specifiche di integrazione affinché chi lo desidera e ne abbia le competenze, possa costruire nuovi mattoncini per persone care non vedenti, estendendo con nuove funzionalità la nostra piattaforma. Inoltre, sempre se lo desidera, ancora attraverso tale sito, potrà pubblicare il “mattoncino” a favore di altri non vedenti.

Maria Eleonora Palma

Autore - Sono nata il lontano 24 Novembre del 1993 a Vittoria, una piccola città in provincia di Ragusa. Mi divido tra Catania, dove frequento il primo anno della facoltà di Scienze e Tecniche Psicologiche, e la mia città natale che amo tanto e a cui sono legati ricordi, amicizie e impegni vari. Sono una persona piuttosto socievole e accogliente, amo fare nuove esperienze (per questo piuttosto spesso mi ritrovo in situazioni buffe e stravaganti, comunque… sorvoliamo la faccenda!). Mi piace molto scrivere, leggere libri di tutti i generi e sono da ormai 4 anni educatrice in ACR (Azione Cattolica Ragazzi). I bambini sono il mio piccolo laboratorio: mi piacerebbe in futuro lavorare con loro, e grazie a questa opportunità ho scoperto pian piano che i bambini non sono dei piccoli “mostriciattoli capricciosi”, anzi un continente di emozioni, pensieri e comportamenti da scoprire. E’ molto bello e gratificante lavorare e avere a che fare con loro, spesso sono più sensibile e profondi degli adulti. Mi piacciono gli animali, anche se per ragioni di spazio, non ne tengo alcuno a casa. L’ultimo libro che ho letto è Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, uno dei miei libri preferiti, riletto più volte, questa è la terza, e credo uno dei testi meglio riusciti sull’autismo infantile. Non appena riuscirò a ritagliarmi un po’ di tempo, vorrei iniziare un corso di fotografia. Quello che mi manca è la Reflex, ma questo non è un problema.

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Maria Eleonora Palma

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