Il racconto della quattro giorni musicale di scena a Parco Gioeni.
Ci eravamo lasciati mercoledì scorso con l’articolo Al via Zanne Festival: il programma completo dell’evento, pezzo il cui fine era quello di panoramica su ciò che dovevamo aspettarci da giovedì 16 a domenica 19 in quel di Parco Gioeni. A distanza, quasi, di una settimana e con l’evento giunto a conclusione, mi rendo conto che spiegare a parole l’esperienza Zanne non è cosa facile. Noi di Live Unict, però, siamo qui per questo ed ecco il report/diario delle quattro serate del festival.
DAY 1.
Arrivato alle 18:30 al parco, la fila è già non indifferente: è il primo giorno del Festival oltre che il più atteso in fin dei conti (il dato con gli ingressi lo confermerà). Il palco è ancora coperto da teli e i tecnici a lavoro: è ancora troppo presto. Ritorno quando il sole è già tramontato e il colpo d’occhio, appena entrato, mi lascia di sasso: superato il check-in ci si ritrova in un minimondo in cui musica, profumi e colori ti rapiscono. Ah, tra l’altro, la zona live è satura di gente in ogni suo settore già.
Ore 21:30 e si comincia. A salire sul palco sono i vincitori di Nuove Zanne, i Wow!Signal. Una favola la loro: da un paesino in provincia di Brindisi al palco su cui da li a qualche ora si esibiranno i Franz Ferdinand. Il potenziale di questo trio è elevato e il loro electro-garage-noise convincente, ne sentiremo parlare in futuro. Dopo è la volta dei Balthazar. Onestamente non è che avessi una gran cultura di questa band belga, ma la loro performance mi lascia senza parole: 13 brani che sembrano gli spari di un kalashnikov nordico anni ‘70 i cui proiettili pop si piantano in ognuno dei presenti sotto il palco. Nonostante io ami Alex Kapranos e Co., loro sono i vincitori della serata a mio modo di vedere. Tanti like inoltre per la violinista/tastierista del gruppo che credo abbia fatto innamorare più di un ragazzo.
È quasi mezzanotte e giunge l’ora attesa dalla stragrande maggioranza del pubblico: vanno in scena gli FFS che aprono con Johnny Delusional (pubblico in visibilio) e proseguono con molti altri pezzi del loro ultimo disco. È più che scontato però, che l’apice del “burdellu” si ha con Walk Away, Do You Want to e Take Me Out (pezzo finale prima del bis con Piss Off). Franz Ferdinand e Sparks discretamente in forma, con “grazie” e “minchia” dispensati non di certo con parsimonia. Idolo assoluto rimane Ron Mael degli Sparks che dopo una buona ora mummificato dietro le tastiere comincia a ballare scatenando il delirio.
DAY 2.
Ripetere il successo del giorno precedente è un’impresa ardua. La mancanza di nomi altisonanti penalizza il numero di presenze, ciononostante la serata risulta molto piacevole. I primi a salire sul palco sono gli Ultimate Painting (mezz’ora di psichedelica di fronte a poca gente) seguiti dai Dead Brothers, band svizzera che si definisce combo per funerali e, in effetti, sia alcuni brani che il loro look confermano tale descrizione. Il pubblico li ama sin da subito perché decidono di suonare il marranzano (strumento che nel resto d’Italia è conosciuto come scacciapensieri). Il connubio tra le parti raggiunge la vetta quando gli elvetici scendono in mezzo alla gente suonando e cantando fin quando la voce viene meno. Il loro folk/rock unito a influenze balcaniche, alla presenza scenica e alla capacità di coinvolgimento sono gli ingredienti che portano al bagno di folla.
Verso le 22:00 è la volta degli A Place To Bury Strangers, trio newyorkese che risulta essere una vera e propria bomba a mano. La nomina che li precede (band più rumorosa di New York) è rispettata e l’esibizione non è per tipi da sala: basta pensare che quasi a fine performance, il leader del gruppo comincia a far volare la propria chitarra che precipita al suolo più e più volte fin quando egli stesso non la riprende concludendo quella che sembra un’orgia di strobo, laser, feedback, urla e rock. Non contenti del successone, gli yankees abbandonano il palco per raggiungere la zona Zanne Playloud dilettandosi/ci (per più di un quarto d’ora) con musica elettronica. Quando si dice una band a 360°!
Passate le 23:00 un organo introduce gli Spiritualized. Psichedelia allo stato puro. Un viaggio che dura circa due ore; scarso il coinvolgimento del pubblico da parte di Pierce, ma in fin dei conti non è necessario: ci pensano il sound, le coriste e l’atmosfera a coinvolgerti tanto da estraniarti dal resto del parco. Niente di eccezionale dunque e stessa situazione del giorno prima: l’headliner messo in ombra dai gruppi precedenti.
To be continued —> Part II (18/19 luglio)
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