Ma adesso Trainspotting è pronto anche per salire su un palco del teatro, grazie alla realizzazione del Teatro Stabile di Catania, in collaborazione con Spazio Naselli Comiso, al regista Gianpaolo Romania e agli allievi della Scuola d’Arte Drammatica “U. Spadaro”.
Periferia di Edimburgo. Spud, Sick Boy e Renton sono tre giovani tossicodipendenti, mentre Begbie è un violento seriale: ognuno di loro soffre di una dipendenza ed insieme intraprenderanno un viaggio terribile attraverso il cuore di un mondo in cui la droga è scelta di vita, la ricerca del puro godimento. Lo racconta “Trainspotting”, spaccato squallido e, insieme,tristemente umoristico di una generazione sprecata e distrutta dall’eroina.
Dalla capitale scozzese alla città etnea, dunque, Giampaolo Romania, a cui è stata affidata la regia, farà rivivere le atmosfere desolanti, oscure e tragicamente divertenti di un gruppo di ragazzi che agiscono al limite della legalità,alla ricerca dello sballo, tentando di sfuggire così alla noia della loro vita. Per il significativo e impegnativo allestimento, l’ente teatrale etneo ha voluto fortemente coinvolgerei giovani attori “made in Stabile”: la pièce è, infatti, ricchissima di personaggi che saranno tutti interpretati dai quattordici allievi della prestigiosa Scuola d’Arte drammatica “Umberto Spadaro”, dove si è diplomato lo stesso Romania alla fine degli anni Novanta. Si tratta di Roberta Andronico, Michele Arcidiacono, Ludovica Calabrese, Pietro Casano, Marta Cirello, Lorenza Denaro, Azzurra Drago, Federico Fiorenza, Luciano Fioretto, Vincenzo Laurella, Valeria La Bua, Graziana Lo Brutto, Gaia Lo Vecchio e Luigi Nicotra.
«Questa storia – racconta Romania – mi ha sempre suscitato emozioni e un grande desiderio di approfondimento. Ho voluto rappresentare una realtà legata alle giovani generazioni per stimolare interesse e curiosità, sperimentando con gli stessi attori la possibilità di mettere in scena un copione cinematografico, rispettandone la scrittura e cercando di rappresentare in teatro il movimento continuo della macchina da presa».
La sfida artistica dell’esperto metteur en scene risiede, infatti, nella capacità di presentare il fenomeno anche in teatro nella sua completezza senza moralismi. Afferma ancora Romania: «Così come avviene nel romanzo e nella pellicola, dove il lettore o la macchina da presa sono sempre neutrali, senza giudizio, sono convintoche lo stesso linguaggio scenico potrebbe essere spettatore e non giudice di una storia da “fotografare”. Lasciando al pubblico stesso il compito di fare i conti con una realtà che a volte ci viene nascosta.Il teatro come veicolo privilegiato di espressione, potrebbe arrivare a toccare, seppure con le dovute cautele, un argomento sensibile e complesso come quello che investe i protagonisti».
Il termine “Trainspotting”, si riferisce all’episodio del romanzo “Guardando i treni alla stazione centrale di Leith”e indica un’espressione tipica nel Regno Unito, riferita a chi, immerso nella sua banalità esistenziale, per riempire il proprio tempo libero,conta incessantemente i treni in arrivo o in partenza. Banalità chei nostri tossici antieroi, immersi come sono in un orizzonte senza speranza, riempiono abbandonandosi a goliardiche esperienze allucinogene. «Storie tragicomiche di perdenti: “Trainspotting”– conclude Romania – dà voce ad una nuova generazione, che dal vuoto delle giornate da sballo è alla ricerca di un riscatto, di un senso da dare alla propria esistenza che non è fatto di casa, famiglia, impiego ordinario, ma di cose straordinarie, stupefacenti».
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