Non si può più non parlarne: in passato abbiamo fatto così tanti danni da vivere oggi una situazione drammatica e compromessa, quella che riguarda il nostro ambiente. Cosa si fa oggi per arginare, almeno in parte, questo problema?
In verità molto poco, ma si parla tanto di architettura ecosostenibile. Essa progetta edifici in grado di limitare gli impatti nell’ambiente, si è sviluppata a partire dagli anni Settanta basandosi su principi ecologici e sul concetto stesso di sviluppo sostenibile. Purtroppo, anche in questo settore, noi italiani siamo inesorabilmente indietro. Il rapporto Greenmetric 2013, pubblicato dalla Universitas Indonesia, contiene la classifica mondiale degli atenei più ecosostenibili. Si parla ovviamente di ambiente e ci troviamo di fronte a una classifica certamente diversa da quelle sulla performance o sulla reputazione degli atenei. Questa classifica, infatti, tiene conto degli edifici energicamente efficienti, della produzione di energia «pulita», del trattamento dei rifiuti, delle acque, della qualità dei trasporti e dalla quantità di carta usata per il funzionamento dell’Università.
Al primo posto troviamo l’Università di Nottingham, mentre al secondo posto e al terzo posto si classificano rispettivamente l’irlandese University College di Cork e la Northeastern University di Boston. Purtroppo, rientrano nella classifica solo dieci Università italiane che, rispetto al 2012, peggiorano la loro graduatoria.
La prima tricolore è Ca’ Foscari di Venezia, al 105esimo posto: un anno fa era 90esima. Al numero 121 troviamo il Politecnico di Milano, quindi l’Università di Bari alla posizione 133, che migliora rispetto al 145esimo piazzamento del 2012. Poi quella del Salento (161esima), Normale di Pisa (170esima), Bologna (182esima), Torino (211esima), Politecnico di Torino (241esimo, 170esimo nel 2012), Politecnico delle Marche (266esimo) e Trieste (270esima, 196esima nel 2012). I nostri dieci atenei stanno dietro anche alle due palestinesi di Gaza (87esima) e di Nablus, in Cisgiordania (94esima). Di Atenei siciliani, per adesso, neanche l’ombra…