Intervista a Carlo H. Natoli. Gentless3, anarchia ed un tour in solitario

Gentless3 è un progetto vissuto fra contributi disparati ed eterogenei. Dopo l’esordio “I’ve buried your shoes down by the garden” (Wild Love Records), lo split e.p. con “La Moncada” per la serie “In the kennel” (Goat Man Records/Noja Recordings) e la partecipazione alla compilation tributo ai Codeine (White Birch Records) e quella di Unomundo (con tra gli altri A Toys Orchestra, Cesare Basile, Above The Three etc. etc.) tra Luglio e Agosto 2012, Gentless3 sono tornati in studio. Il secondo album del trio siciliano vede la partecipazione di Joe Lally (Fugazi) alla produzione artistica, l’innesto in pianta stabile di vecchi e nuovi amici (Francesco Cantone di Twig Infection/Tellaro/Colapesce e Lorenzo Azzaro) e la partecipazione di musicisti tra cui Cesare Basile e Luca Adriolo  (Dead Cat in a Bag). Il disco uscito il 23 novembre del 2012, é connotato da un cambio di strumentazione radicale, dalla compresenza di strumenti acustici (banjo/mandole/etc.) ed elettronici (sinth e programming) e da un’approccio corale alle parti vocali; dal vivo la band si caratterizza per il grande impatto emotivo e dinamico del live, costruito sulla modularità di strumenti e musicisti sul palco. Il trait d’union è rimasto la scrittura di Carlo H. Natoli. Natoli partirà il 13 Marzo 2014 per un tour acustico che si chiamerà Alone & Forsaken portando in giro, voce-chitarra-banjo, i brani fin qui pubblicati coi Gentless3 e quelli inseriti nell’ep che uscirà in vinile e in digitale ad aprile dal titolo Things We Lost ad Aprile 2014. In tour solitario, chitarra, voce e percussioni, le canzoni dei dischi e del nuovo e.p. riacquistano la dimensione di scrittura originaria, quella della canzone nuda e cruda e del folk esoterico. Cristina Chinaski ha avuto il piacere di intervistare Carlo H. Natoli per LiveUnict.

Partirai per un tour acustico il 13 di questo mese che si chiamerà Alone & Forsaken, portando in giro voce-chitarra-banjo, i brani pubblicati coi Gentless3 e quelli inseriti nell’ep che uscirà in vinile e in digitale ad aprile dal titolo Things We Lost. Come nasce l’esigenza di presentarsi al pubblico in chiave acustica?
L’idea è di portare in giro le canzoni nude e crude, come mi tocca di doverle scrivere. Tra l’altro questo progetto è nato proprio così, aprendo concerti di altre band da solo, voce e chitarra, quindi mi sembrava appropriato in quello che sembra essere un periodo di transizione per la scrittura dei pezzi, ma in generale per l’ambiente che mi capita di frequentare, di portare in giro le canzoni all’osso. Oltre ai pezzi dei tre dischi finora editi, e dell’ep che ufficialmente uscirà ad aprile, suonerò anche alcune delle reinterpretazioni che ci siamo divertiti a suonare con la band in questi anni, oltre a dei brani per così dire “seminali” proprio come “Alone And Forsaken”.

Puoi dirmi qualcosa sull’ep “Things We Lost”?
Avevo voglia di documentare una parte del cambiamento nel processo di scrittura, una specie di ritorno alla modalità in solitaria. Il disco precedente, anche se le canzoni erano scritte da me, aveva subito un processo di lavorazione a sei, noi cinque della band più Joe Lally che in fase di produzione aveva dato un contributo fondamentale, difficile da gestire e che mi ha causato non poche ansie. Stavolta c’erano tante canzoni e poco tempo, selezionando le quattro che mi avevano convinto di più abbiamo steso una struttura partendo dalla voce e dalle chitarre e dai banjo: su quest’ultima sono arrivati i contributi dei miei due soci “storici”, Sebastiano Cataudo alla batteria e Sergio Occhipinti al basso ed alle chitarre. Tutto questo tra Palermo dove ho passato l’ultimo anno, Ragusa e Roma. Poi sono arrivati un po’ di amici che hanno contribuito in maniera sorprendente, tra i quali Fabrizio Cammarata, Fabio Parrinello di Black Eyed Dog e Luca Andriolo di Dead Cat on a Bag.

In un’intervista alla domanda sul significato del nome Gentless3 hai risposto dicendo che “l’idea di base era quella dei non-Gentili, non nel senso di non-ebrei, ma di non-popolo o meglio senza etnia”. Senti di non avere una tua etnia, di non appartenere ad un popolo?
Sicuramente non mi sento italiano o europeo, anche dati gli sviluppi delle politiche della cosiddetta “Fortezza Europa”. Per formazione politica mi piace pensare di essere internazionalista, di non avere radici se non quelle del mondo intero.

Giorgio Moltisanti in una bellissima recensione per Ondarock dell’album “Speak To The Bones” di Gentless3 uscito nel 2012 per Viceversa, ha scritto “la loro resta una musica istintiva, legata indissolubilmente a una visione del mondo piuttosto anarchica (e una volta tanto possiamo mettere la mano sul fuoco che non si tratti di un’operazione dell’ufficio marketing dell’etichetta: il disco suona così) e a un modo di vivere la vita che potremmo definire autarchico. E’ una musica riflessiva, appartata, piena però di entusiasmo e trasporto”. La visione anarchica che traspare dal disco, è anche quella della persona Carlo o solo quella del musicista?
Il musicista vive una contraddizione, nel mio caso, perché mi piace avere il controllo della situazione e potere gestire i contributi di tutti, lasciando spazio solo quando mi sento al sicuro. La persona invece è decisamente di visioni libertarie: è la mia storia personale, a partire dalla mia formazione politica che è avvenuta – per fortuna – quando ero davvero troppo giovane per leggere Stirner. Da lì in poi mi è venuto naturale frequentare quasi esclusivamente ambienti libertari e cercare di capire come applicare una visione totalmente paritaria alla realtà che viviamo. Sono un Anarchico, si.

Quali sono le tue ispirazioni musicali?
Sono un onnivoro, ma non posso negare che avermi cresciuto a pane e musica, per la mia famiglia, sia stato un grosso errore. Nel caso specifico De Andrè prima di tutti, e poi in generale la musica degli anni ’70 italiana ed americana. Adolescente ho scoperto Coltrane, che è l’unica divinità che mi posso permettere, e a vent’anni il folk americano, soprattutto quello raccolto da Harry Smith.

Riguardo al cinema e alla letteratura, invece?
Il cinema è una passione che subisce cambiamenti spesso radicali dentro di me. Sicuramente negli ultimi anni ho fatto indigestioni di biografie, con la costante dei lavori di Jarmusch e dei fratelli Cohen. Con la lettura invece si scopre il bipolare che è dentro di me, ma anche dentro un bel po’ di noi, dato che mi trovo ad oscillare pericolosamente tra le letture militanti o storiche, – ultima rilettura recente: “Una vita in prima linea” di Sergio Segio– e il romanzo principalmente di tradizione americana. Cormac McCarthy sopra tutti. Ultimamente, grazie ad un amico ho scoperto Daniil Charms, un autore russo particolarmente destabilizzante e allo stesso tempo esilarante.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Ad aprile e maggio sarò in giro col trio per presentare l’ep, quasi fino a settembre prossimo. Farò degli altri giri all’estero da solo, e poi si concretizzeranno alcuni lavori per la danza ed il cinema tra la Sicilia, la Francia e la Repubblica Ceca. Nel 2015 uscirà, credo, un nuovo full-lenght di Gentless3, e prima, spero, dovrebbe esserci qualcosa di nuovo e radicalmente diverso all’orizzonte.

Cristina Chinaski

Cristina Chinaski nasce a Catania dove tuttora risiede. Ama viaggiare, fotografare, leggere, scrivere. Ha una passione viscerale per la musica, suona il pianoforte, colleziona vinili e adora il cinema.

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Cristina Chinaski

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