Maria Grasso è presidente dell’associazione della provincia degli Erei “Donne insieme – Sandra Crescimanno”, ma anche operatrice giudiziaria presso la procura di Enna e madre.
Più che un’intervista, penso che quella con Maria Grasso sia stata una chiacchierata telefonica notturna tra una grande donna e una ragazza che non ama molto il termine “femminicidio”.
• A proposito dell’associazione della quale lei è presidente, può spiegarci il ruolo assunto da questa nella società e di come le operatrici rispondono alle richieste di aiuto delle donne che subiscono violenza o vittime di stalking?
«Le donne che operano nel centro antiviolenza sono psicologhe, psichiatre, avvocatesse, che mettono a disposizione la loro esperienza per aiutare chi chiede aiuto allo sportello. Nella provincia di Enna esistono tre sportelli, quello di Piazza Armerina, quello di Enna e quello nato a settembre a Barrafranca. Spesso le donne vittime di violenza hanno solo bisogno di parlare e di capire il motivo di quest’atto brutale nei loro confronti. Come in tutta Italia, anche nella nostra provincia, il 90% delle donne non denuncia una violenza subita. Il dato tende ad alzarsi in quei posti in cui manca il lavoro e, spesso, la donna non può lasciare la propria casa perché non ha un reddito. Al sud si aggiunge anche il problema del “disonore”, per cui spesso molte donne accusano il loro maltrattatore, ma vengono abbandonate dalle proprie famiglie».
• Secondo quanto dice il vostro sito internet, l’associazione ha lo scopo di aiutare donne e bambini e diffondere la “cultura di genere” anche ai futuri uomini. Cosa s’intende esattamente per diffusione della “cultura di genere”? Come mai nel vostro sportello operano soltanto volontarie e non volontari?
«La “cultura di genere” è praticamente inesistente nella storia, nella letteratura, nelle scienze e nella toponomastica italiana. Molti pensano che “la storia sia stata fatta dagli uomini”, eliminando completamente una fetta di società. Il parlare continuamente solo di “uomini importanti”, provoca inevitabilmente il concetto di uomo superiore e donna sottomessa. Questo può portare domani alla violenza di genere. La violenza di genere comprende anche quella nei confronti di omosessuali e lesbiche, si può prevenire solo attraverso la cultura e, quindi, l’educazione. L’associazione opera quotidianamente nelle scuole, al fine di educare alla sessualità e di sensibilizzare i giovani che saranno gli uomini e le donne di domani. Come l’educazione civica, si dovrebbe inserire un’educazione sessuale tra le materie di studio. Lo sportello consta di circa 36 donne volontarie e non volontari, come in tutti gli altri centri europei. La scelta di far operare solo donne non è voglia di “ghettizzazione”, ma una richiesta implicita delle assistite. Spesso chi costringe le signore a richiedere aiuto è un uomo, quindi le operatrici devono riuscire ad indossare i panni di queste donne, devono capirle e immedesimarsi. Le volontarie sono come i chirurghi: ricuciono anime».
• I vostri sportelli si occupano di sostenere le donne vittime di violenza e eventuali figli. Come vi aiutano lo Stato e le istituzioni?
«Lo Stato e le istituzioni ci aiutano a “fare rete”, perché quello che serve è un lavoro di solidarietà, ma soprattutto di squadra. La nostra associazione è apartitica e anticonfessionale, ma si trova all’interno dei comuni proprio perché le istituzioni devono aiutarci sia nel lavoro di sostegno alle donne, sia nella sensibilizzazione. A Novembre è stato firmato da noi e dalle massime cariche istituzionali(prefetto, comuni, università, tribunali, aziende sanitarie locali), un protocollo per la prevenzione della violenza, che rappresenta appunto il patto di collaborazione tra Stato e associazione».
• Dopo l’omicidio di Vanessa Scialfa, nell’Aprile del 2012, è cambiato il lavoro della vostra associazione?
«Il caso di Vanessa è stato orribile, la nostra associazione lavorava a Piazza Armerina già da un anno ed era piuttosto conosciuta. Ovviamente siamo state presenti sia ai funerali, sia nelle manifestazioni successive (fiaccolata, manifestazione con le scarpe rosse in piazza). Molte donne hanno continuato a denunciare».
• Sa che la festa della donna viene celebrata l’8 Marzo perché nel 1917 a San Pietroburgo le donne organizzarono e guidarono una manifestazione contro la guerra? Sa che non c’è stato nessun incendio nella fabbrica Cotton di New York? Cosa pensa della festa della donna?
«Conosco le motivazioni della celebrazione della donna l’8 Marzo, che è appunto una festa e non un giorno di lutto. Questo giorno va festeggiato come un momento di gioia per l’emancipazione e come un giorno di riflessione sul ruolo della donna nella società. Ovviamente non penso debba essere l’unico momento di “riunione tra amiche” e critico la festa consumistica, ma non è un giorno di tristezza. La giornata mondiale contro la violenza sulle donne è il 25 Novembre, quella della donna è una vera e propria festa».
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