Attualità

Quando rivendicare il diritto allo studio diventa rivoluzione

Quanti sacrifici comporta lo studio? Quante volte ci poniamo questa domanda, in quelle giornate in cui studiare non è semplice. D’altro canto, però, quant’è bella la cultura,quanto è impagabile l’istruzione e la possibilità di conoscere,di apprendere e di creare una propria ‘forma mentis’?
Noi italiani vantiamo una Costituzione che tutela il diritto allo studio, esteso a tutti indistintamente, ma ci sono realtà, distanti da noi geograficamente, in cui questo stesso diritto rappresenta un privilegio di cui solo pochi possono avvantaggiarsene. E’ questa la storia di Malala Yousafzai, ragazzina pakistana di 16 anni e già autrice di una rivoluzione, una rivoluzione giusta, le cui uniche armi sono libri e penne: decide di ribellarsi ad un sistema ingiusto che vige in Pakistan, che esclude le bambine, le donne dal diritto all’istruzione.
E quando qualcuno innalza la propria voce per inneggiare a un cambiamento che vede la giustizia come protagonista, ‘c’è sempre qualcun’altro che questa voce tende a soffocarla: Malala è dovuta scappare dal suo paese perché vittima, lo scorso Ottobre, di un attentato ad opera dei talebani a cui è sopravvissuta per miracolo.
Malala, però, non si rassegna e continua incessantemente la sua battaglia: l’8 Ottobre in tutte le librerie mondiali sarà possibile acquistare una sua autobiografia dal titolo ‘ Io sono Malala’, testo avvincente con uno scopo nobile.

Così, Malala descrive concretamente la posizione sottomessa della donna nella sua realtà,in un’intervista rilasciata al “Corriere della sera”:«Da noi quando nasce un maschio, tutti escono in strada e sparano in aria, mentre le femmine sono nascoste dietro una tenda perché si sa già che il loro destino sarà stare in casa a cucinare e mettere al mondo dei figli».

La sua è una voce forte e decisa, determinata e avvincente, continuerà la sua battaglia fin quando la discriminazione non cesserà; sa già cosa ne sarà del suo futuro, lei stessa afferma, in un’intervista: “Non voglio diventare presidente, una nomina conferita dall’alto, ma primo ministro: una carica elettiva scelta dal popolo , l’unica che possa fare davvero la differenza”.
Un inno alla vita potremmo definire la testimonianza e la battaglia che Malala ha intrapreso, forse anche uno stimolo a non mollare, ma ad impegnarsi sempre di più per chi, come noi, può vantare sulla Carta il diritto allo studio, ma spesso non conferisce ad esso il giusto merito.

A proposito dell'autore

Rita Vivera

Rita Vivera nata a Comiso (RG) il 17/06/1990, attualmente studia Giurisprudenza presso l'Ateneo di Catania. Determinata a perseguire i suoi obiettivi, tra lo studio di un diritto e un altro, ama scrivere in particolare di attualità, di politica e di musica.