Pavitra Bhardwaj, che lavorava come assistente presso l’Università di Nuova Delhi, era stata stuprata negli anni precedenti dai suoi colleghi e dal suo capo. Nonostante le violenze fossero state denunciate, nessuno è mai intervenuto per punire i carnefici. Piuttosto Pavitra è stata licenziata e ha deciso di immolarsi, dandosi fuoco davanti alla sede del Governo di Delhi. Quello di Pavitra è solo uno dei numerosi casi di violenza, che dimostra come in India vi sia una vera e propria emergenza, contro cui lo Stato non vuole intervenire.
Nonostante l’inasprimento delle pene per gli stupratori, Roshani mi spiega di aver manifestato più volte contro gli stupri: «Noi abbiamo lottato contro tutto questo. Cosa abbiamo ottenuto in cambio? NIENTE. Ѐ come se noi stessimo aspettando a lungo una decisione da parte del governo, ma appena arriva il momento di decidere pare che tutti se ne dimentichino». Decido allora di farle presente la spiegazione che la giornalista attivista Annie Zaidi ha dato a queste violenze sulle donne: sono solo delle conseguenze di una mentalità che impone un’obbedienza assoluta al marito, e, in genere, una totale sottomissione della donna all’autorità maschile; dopo averla ascoltata, Roshani si sfoga: «Qui è come se gli uomini possano fare tutto ciò che vogliono e ovunque vogliono. Così non penso che tu debba chiedere a me (una ragazza) come mi sento, perché qui non importa a nessuno». Mi dà anche conferma del fatto che in India la sessualità viene repressa e mi spiega come prima fosse contro tutto questo, eppure ora ritiene sia giusto perché «le persone non devono pensarci, soprattutto gli uomini»: non è quindi difficile comprendere perché nel suo paese venga proibito ad una donna e ad un uomo di manifestare segni di affetto in pubblico.
La giovane ha paura per sé e un giorno ne avrà per le sue figlie. Mi racconta di come una ragazza non possa avere la libertà di uscire da sola in India senza correre pericoli, anzi semplicemente la libertà di uscire perché per lei «è meglio restare a casa, che avventurarsi fuori». Una delle soluzioni potrebbe essere andare via, dato che non può dire che le forze dell’ordine non le proteggano, eppure «non sono sempre presenti». Difatti mi confessa che vorrebbe andare a studiare in Francia, ma poi ci ripensa ed afferma speranzosa: «Io ho pensato di lasciare il paese perché non mi sento al sicuro. Ma se tutti noi la pensassimo così, la mentalità di alcuni uomini non potrebbe mai cambiare. C’è qualcosa da cambiare e penso ci riusciremo» e infine ribatte: «Ci sarà un giorno in cui i turisti non avranno più paura di visitare il nostro Paese a causa di un possibile stupro, piuttosto ne saranno entusiasti e conosceranno l’India».
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